Ultimi Baluardi
La nostra è una generazione piuttosto fortunata rispetto a quelle passate. Pur battagliando su alcuni aspetti del viver quotidiano che caratterizzano la nostra contemporaneità, può prendersi il lusso di dare per scontati alcuni valori di base dell’esistenza umana.
Probabilmente, in parte, ci rendiamo conto del costo di certi sacrifici fatti da chi ci ha preceduto; ma non sempre realizziamo di come starebbero veramente le cose senza che queste libertà fossero mai state acquisite, o nell’eventualità in cui venissero minacciate.
Se capitasse a noi, oggi, cosa faremmo?
Nel nostro viaggio a Creta abbiamo avuto modo di visitare diversi luoghi in cui il popolo Cretese ha tentato di resistere fino all’ultimo, prima di soccombere alla violenza Turca.
L’assedio alle grotte di Milatos
All’interno delle grotte di Milatos si nascosero per due settimane e mezzo, circa due/tremila Cretesi (secondo le stime di alcuni storici); per lo più donne e bambini.
Un abitante Turco della zona, informò personalmente il pascià Hassan su dove erano scappati gli abitanti dei vilaggi dell’area; e questi fece circondare le grotte in attesa della loro resa. I Greci resistettero come potevano, attorniando le pareti dell’antro con coperte e materassi in modo da attutire i colpi di cannone Ottomani, mentre continuavano a tenere in vita la vana speranza di venire prima o poi salvati da qualcuno.
Giunse il 21 febbraio 1823, e fu un vero e proprio massacro. Appiccarono un fuoco vicino all’entrata del rifugio affinchè, riempendosi di fumo, fossero costretti ad uscire.
Gli anziani vennero decapitati e le loro teste usate a formare una piramide. Tutti i bambini vennero uccisi, e le madri vendute come schiave. Ai religiosi vennero perfino tagliate tre dita, per poi venire bruciati vivi.
Agli invasori, quindi, non erano bastate la conquista di quella parte dell’isola e la cattura dei prigionieri: vollero lo sterminio vero e proprio. Le ragazze più carine ebbero salva la vita, divenendo “proprietà” personale del pascià.
Ad oggi l’antro è esplorabile (consigliamo una torcia). In un angolo hanno allestito una piccola cappella dedicata a San Tommaso, dove ogni anno viene commemorato l’accaduto; noterete che dentro una teca laterale si conservano alcuni dei resti rinvenuti delle vittime di quel massacro.
Ignorando la brutale vicenda, le grotte, hanno una conformazione molto bella da osservare da vicino, e la natura circostante è di per sè rilassante.
Ma, siamo davvero in grado di ignorare?

I drosoliti di Frangokastello
Frangokastello, fortezza di origine Veneziana nel sud dell’isola, ci ha attratti per i suoi drosoliti (tradotto: “ombre nella rugiada”).
Era il 17 maggio 1828, quando 600 Greci resistettero contro 8000 Turchi durante l’assedio che durò più di una settimana, prima di soccombere.
Si distingue il torrione a sud ovest della fortezza come più grande degli altri; questo perchè era stato concepito come l’ultima posizione di difesa, credo sia quella che noi chiamiamo “ultimo baluardo”.
Ed è lì che furono soffocati gli ultimi impeti di resistenza.
Secondo la leggenda, a seppellire i corpi dei guerrieri non ci pensò nessuno, se non la natura, che tramite forti venti spostò parecchia sabbia fino a ricoprirli. Ogni anno, alla fine di maggio, durante la rugiada del mattino, ombre dalle fattezze umane apparirebbero sulla spiaggia, marciando armate in fila verso le mura del castello, per poi svanire nel nulla.
Le condizioni per il rendez vouz però sono un tantino vincolanti: oltre a quel periodo dell’anno, è di mattina prestissimo, devono esserci una forte umidità, ed assenza di vento. A detta dei locali, queste apparizioni poi, non sarebbero propriamente annuali, alle volte saltano (pure!) svariati turni…
Comunque si tratta di condizioni perfette per la diffrazione solare, che crea una sorta di miraggio, dalla durata anche di una decina di minuti. Lo spettacolo dev’essere molto suggestivo, beati i visitatori che dichiarano di averli visti!
Non sono però gli unici: nel 1890 una truppa Turca di passaggio scappò via scambiando i drosoliti per ribelli armati. Anche durante l’occupazione tedesca, una pattuglia li vide, e vi aprì addirittura il fuoco contro.
Ad oggi, ciò che resta della fortezza, liberamente accessibile, viene utilizzato per eventi e spettacoli.

Resistenza al monastero di Arkadi
Infine, il monastero di Arkadi racchiude un epilogo da brividi, per la decisione che è stata collettivamente presa di fronte alla scelta: o libertà, o morte.
Nel 1866 ad occupazione Turca perdurante da tempo, trovarono rifugio in questo monastero costruito sul monte Ida, i rivoluzionari Cretesi, protagonisti delle rivolte per l’indipendenza.
Come i precedenti luoghi di cui sopra, lo abbiamo potuto visitare quasi in solitaria, cercando di assorbire le energie del posto, e interpretando ciò che ha da raccontarci.
Fu teatro di un assedio che durò due giorni, volto a sopprimere l’insurrezione che stava indebolendo i colonizzatori.
I Turchi, superiori in quanto numero ed armamenti, riuscirono a penetrare all’interno, scontrandosi corpo a corpo con la resistenza Greca.
Nel vecchio refettorio, attualmente è ancora conservata la porta che mostra i segni di pallottole e spade; dopo che venne violata, in quella sala vennero uccise 36 persone.
Anche in tutto il resto del complesso fu seminata morte; al punto che alla fine della battaglia, sparpagliati nel cortile che attornia il katholikon seicentesco, giacevano duemila corpi.
Ma anche quì, c’era un ultimo baluardo… la cantina dei vini!
Era stata convertita a polveriera; vi si erano nascosti donne, vecchi e bambini, molti dei quali imparentati con chi, all’esterno, aveva combattuto in prima linea per difenderli. Invece di mettersi in salvo altrove, avevano scelto di stare vicino ai propri cari fino all’ultimo; portando acqua e munizioni, curando i feriti, sfregando foglie di limone sui fucili surriscaldati.

Non siamo soli a rievocare l’accaduto
Osservo alcune pietre, per scorgere segni di ciò che avvenne lì dentro, e sento strisciarmi una gamba.
Si tratta di una affettuosa gattina nera che facendo le fusa viene a chiedermi qualche carezza. Non so da dove sbuchi fuori, ma vuole rimanere in nostra compagnia mentre ci troviamo in contemplazione di quei segni scuri sulle pareti, mentre solleviamo lo sguardo al cielo attraverso il tetto completamente mancante, mentre esaminiamo alcuni infossamenti sul terreno, e mentre, annusando l’aria, ripensiamo a quelle persone riunite intorno all’abate Gabriel che prega.
La porta venne divelta a colpi di ascia, e l’abate ottantenne, con una candela presa dall’altare, incendiò un barile di polvere da sparo, innescando una detonazione a catena. Celebri scrittori come Victor Hugo hanno descritto gli attimi antecedenti a quella apocalittica scena finale, rappresentati anche da un cartonato in fondo alla stanza.
Piuttosto che essere destinati ad un harem, come era stato prefigurato a donne e bambini, piuttosto che la schiavitù, le eventuali torture, o la morte per mano Ottomana, scelsero quella fine, trascinando con sè il nemico.
L’immobile quiete di quel posto è stupenda, come si confà tipicamente ai monasteri dei quali adoro il loro essere fuori dal tempo; ma quelle cicatrici nei muri (e perfino su un albero), ricordano costantemente che è anche stato scenario di una cruenta battaglia che sensibilizzò altri Stati Europei dell’epoca alla causa Greca, e conferiscono a un luogo così semplice, una sacralità potentissima.
Molto bello da girare, ha anche una piccola esposizione interna: è triste vedere come icone, vestigia, e altri vessilli cristiani siano stati vandalizzati dopo che finirono come bottino.

I punti più intensi del monastero di Arkadi
La scena vissuta precedentemente si è curiosamente ripetuta all’esterno del complesso, quando prima di ripartire siamo passati all’ossario che conserva una sessantina di crani.
Ci siamo accorti di non essere soli, poichè un terzetto di gattini ci ha raggiunti strisciandosi alle caviglie, facendoci le fusa, vogliosi di fare amicizia.
Emblematico come ciò sia avvenuto esclusivamente nei due punti più pregni di Arkadi… La pacata dolcezza di quelle bestioline ci ha dato il benvenuto e ci ha scortati mentre, nelle fasi più intense della visita, eravamo a cospetto della sofferenza di chi, in quel luogo, ha combattuto fino all’ultimo istante della propria esistenza.
Come sempre, i tuoi post mi fanno viaggiare attraverso lo spazio e, in questo caso, anche nel tempo! Come ti dicevo, Creta è una meta che tengo d’occhio da un po’, ma questi 3 luoghi non li avevo mai sentiti! Sono finiti dritti dritti nei miei appunti! 😊
Grazie mille! Siamo sicuri che Creta, con tutto ciò che ha da offrire non ti deluderà 😀
Ognuno di questi, seppur accomunato da un passato così forte, ha una sua anima, diversa da quella degli altri due.
Mi piace l’impronta che avete dato al vostro blog Lemuri! I vostri post non sono mai scontati e la scelta di utilizzare questo mood di racconto è coinvolgente e interessante, come il luogo di cui avete parlato qui.
Ed ora il commento serio.
Da gattara purista quale sono vi chiedo: come avete fatto a resistere dall’imbarcare tutti quei gattini nel bagaglio da stiva con voi? 😉
Oppure dipingendogli le code potevate mimetizzarli come una cucciolata lemure!
Grazie assai! :D Impronta fatta con queste piccole e operose zampine 🙂
Chissà se la mimetizzata di coda ai gattini sarebbe riuscita a filtrare il rigore aeroportuale Ryanesco! Ma erano proprio aborabiliiiii
Sono passato per vedere com’era il blog senza il “wordpress” nell’indirizzo. Beh! Mi sembra che vada molto bene. Quindi, auguri per questo nuovo percorso di blogger in carriera 😉
Grazie! Nel tempo contiamo di arricchirlo ulteriormente, studio ed entusiasmo non mancano 😀
Eh, miei cari… Sono le stesse riflessioni che ho fatto io andando a Creta. Creta è un’isola magica ed è un luogo “terapeutico” perché ti porta, inevitabilmente, a riflettere su quelli che voi avete definito valori, sul sacrificio, sulla vita e sulla morte. Non so se avete letto Zorba il Greco. Io l’ho fatto dopo aver visitato l’isola e l’ho capita ancora meglio… Grazie per questo articolo, come sempre ricco di aneddoti 🙂
E’ un luogo che porta all’introspezione, probabilmente favorito anche dalla natura che costituisce l’isola.
Al di fuori delle belle e ricercate spiagge ci sono diversi punti legati alla storia passata che meritano tanto.
Intanto complimenti per la nuova veste del blog. E poi, niente, mi è venuta voglia di visitare Creta! Grazie per avermela fatta scoprire sotto un aspetto diverso dalle solite spiagge 🙂
Grazie ! Oltre a un mare splendido l’isola ha tantissimo da offrire sotto svariati punti di vista: storia, paesaggi, natura, cibo, archeologia ….