Cosa ci fa Pocahontas nel Kent ?
A circa un centinaio di metri da una sponda del Tamigi, nei giardini di una chiesa in un paesello del Kent, si trova il monumento di una delle indiane d’America più famose: Pocahontas.
La statua di Gravesend in Inghilterra, è una copia di quella eretta negli Stati Uniti. Comprensibile che colei che ai giorni nostri è divenuta la protagonista di uno dei classici Disney, abbia un monumento in propria memoria nell’attuale Virginia, dove anticamente risiedeva la tribù a cui apparteneva; ma che ci fa una sua copia da questa parte dell’Atlantico?

Chi era Pocahontas
Matoaka, era il suo vero nome di nascita, che dalle lingue Algonchine potrebbe tradursi in qualcosa come “fumo luminoso tra le colline”; venne soprannominata sin da piccola Pocahontas, che significa “giocosa”, per via del suo vivace temperamento.
Spoiler alert: i suoi nomi non finiscono qui…
Era figlia di un capo dei Powhatan, una tribù che credeva nell’esistenza di due divinità: una buona, Ahone, creatore dell’umanità, ed una cattiva, Okeus, entrambe strettamente legate alla natura.
Crebbe senza madre, imparando in tenera età ad adempiere ad oneri quali fare legna, cucinare e coltivare.
La diplomazia di Matoaka
La vita a contatto con la natura però non era poi così tanto serena, poiché correvano i tempi in cui l’uomo bianco conquistava territori e li colonizzava.
Erano gli inizi del XVII secolo, e gli attriti tra i coloni e gli indiani, tra frecce da una parte e moschetti dall’altra, giungevano spesso ad epiloghi sanguinari.
La tribù dei Powhatan catturò un certo John Smith, di evidente appartenenza coloniale, la cui vita venne risparmiata grazie alla giovane eroina.
Suo padre Wah… Wahuns… un momento ci riprovo: suo padre Wahunsenacawh, aveva già l’ascia di guerra issata in aria pronto ad ucciderlo, quando la figlia si frappose fra loro, pregandolo di lasciare Smith libero e di fare pace con i colonialisti.
L’episodio sarebbe accaduto presso uno dei villaggi principali della tribù, cioè Wero… Werowo… pardon: Werowocomoco.
In realtà non sussisterebbero perplessità sui nomi, ma sulla versione edulcorata che John Smith avrebbe riportato. Ciò che comunque è fattuale, è la successiva tregua tra indigeni (in inferiorità numerica) ed invasori, durata almeno un paio di anni.
Il destino di Pocahontas
La giovanissima Matoaka Pocahontas era dunque benvoluta sia dagli uni che dagli altri, tanto che pare si fosse addirittura recata in visita all’insediamento dei britannici.
Quando il fragile idilio svanì e ripresero le ostilità, anche a lei toccò la sorte di Smith, ovvero la cattura.
I coloni intendevano usarla come merce in cambio di prigionieri e armi, ma le trattative andarono per le lunghe, e sostanzialmente rimase in ostaggio per un anno.
Anche sul come sia stata trattata durante il rapimento esistono pareri contrastanti, c’è chi sostiene che subì abusi, chi invece che venne trattata con rispetto.
Si sa che le venne insegnato a parlare meglio l’inglese, che si convertì al Cristianesimo, e che venne battezzata “Rebecca”.
Sviluppò una sorta di sindrome di Stoccolma, poiché, a negoziato concluso, quando finalmente ebbe l’opportunità di ritornare con la sua tribù (a cui non perdonava di aver preferito un ammasso di vecchie armi a lei), preferì piuttosto rimanere con gli aguzzini.
Una nuova vita
Nel corso di quell’anno, Motoaka Pocahontas Rebecca aveva fatto conoscenza di John Rolfe, vedovo, proprietario di piantagioni di tabacco.
È possibile da ragazzina fosse già sposata con un guerriero Powhatan chiamato Kocoum e avesse avuto una figlia da lui; tuttavia convolò a nozze con Rolfe, e ne scaturirono altri 8 anni di tregua fra le fazioni, la cosiddetta “pace di Pocahontas”.
Ebbero un figlio, Thomas, e si trasferirono in Inghilterra per un paio di anni, dove la bella indiana rappresentava una specie di celebrità; si vocifera abbia incontrato persino il re, e membri delle nobiltà dell’epoca.

The resting place of Pocahontas
Avevano pianificato un ritorno in Nord America, ma prima di partire si ammalò, ed il 21 marzo 1617 la giovane morì.
Venne sepolta nella chiesa di St. George a Gravesend, dove oggi, con quell’espressione agrodolce, un misto tra grazia e sofferenza, in quella posa a braccia aperte, sembra darci il benvenuto non appena entrati nel cortile ci incamminiamo verso di lei.
Bellissima storia. La conoscevo solo in parte, ma è sempre piacevole leggere storie di donne.
Il resoconto di Smith è l’unico che si ebbe, ma nutrono alcuni dubbi sull’edulcorazione della sua versione.
Di Pocahontas si hanno quindi solo alcune informazioni, e la storia della Disney ovviamente è molto romanticizzata.