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Quel Salto per la Libertà

Camminava con una certa frenesia avanti e indietro, fumando nervosamente una sigaretta dietro l’altra.
Il giovane soldato della DDR, Conrad Schumann, il 15 agosto 1961 era stato mandato a Berlino a presidiare l’allestimento della barriera, all’angolo fra Ruppiner Straße e Bernauer Straße.
Il muro di Berlino allora, era al suo secondo giorno di costruzione, ben lontano ancora dal’essere muro vero e proprio, si trattava più che altro di un ammasso di barriere, cemento e filo spinato.
Conrad, nel suo continuo muoversi, si avvicinava ripetutamente ad uno stesso punto del filo spinato (alto circa mezzo metro), e furtivamente lo calpestava.
Qualcuno lo aveva notato, stava per succedere qualcosa …

Bernauer Straße dove passava il muro di Berlino

Come ci si è arrivati?

Al termine della seconda guerra mondiale, sconfitto il nazismo, la Germania era occupata da truppe Americane, Sovietiche, Inglesi e Francesi. Non era stato per nulla facile stabilire “cosa farne” del Paese; il compromesso a cui si era riusciti a giungere, era di suddividere il territorio in quattro zone; spartizione che nello specifico, era toccata anche alla capitale, Berlino.
L’Unione Sovietica stava ricostruendo ed impostando le proprie aree seguendo modello ed ideologia comunista, mentre gli Stati Uniti e gli altri alleati, lo facevano secondo un’impronta più prona al capitalismo.
La Germania era diventata, di fatto, il fronte su cui le due ideologie si trovavano a stretto contatto; ed ancor più Berlino, che si trovava interamente all’interno del territorio sotto l’ala rossa, sostanzialmente tre dei suoi quattro settori erano una enclave occidentale in Germania Est.
Nel nostro immaginario come una sorta di bolla occidentale, in un mare che, prima o poi, se la sarebbe voluta inghiottire…

Perchè il muro?

La disinformazione di un regime non è efficace se il popolo può attingere ad altre fonti di informazione. E qual migliore assaggio della realtà, se non i propri occhi ?
La gente aveva quotidianamente di fronte a sè, il divario che intercorreva fra i settori controllati dai Sovietici e quelli dai Paesi occidentali.
Il benessere e la libertà che si affermavano in Germania Ovest, rendevano sempre più difficile ai tedeschi dell’est l’accettazione di ciò che veniva loro imposto dal proprio governo.
Divario ancor più evidente a chi lavorava o aveva parenti nell’altro settore; erano in molti a vivere in prima persona il netto contrasto che i due modelli di società, gomito a gomito, andavano delineando.

Dalla DDR era in corso una preoccupante emorragia senza fine, di giovani, e di tanta gente qualificata e formata, che se ne andava via. Situazione che la Germania Est non poteva più sostenere dal punto di vista socioeconomico, sia in prospettiva presente, che futura. Un fallimento che stava inoltre incarnando una pesantissima sconfitta ideologica, con ripercussioni sia sulla madrepatria Sovietica sia su tutte le altre repubbliche comuniste che vi gravitavano intorno. Questo poteva far rimettere in discussione tutto il modello.

Ecco come nacque l’Antifaschistischer Schutzwall, un muro che come pretesto aveva in teoria lo scopo di proteggere la Germania Est dalla minaccia fascista dell’ovest, ma che di fatto veniva impiegato per impedire ai propri cittadini di scappare.

La fuga

Conrad Schumann, all’epoca 19enne, aveva intuito come si stavano mettendo le cose. Più tempo avrebbe lasciato passare, più quella linea sarebbe divenuta invalicabile. Non è facile ragionare quando quella vocina dentro continua a ripeterti “ora o mai più!”
Erano le 4 del pomeriggio, dalla sponda occidentale una macchina della polizia rimaneva ferma ad attenderlo; da lì veniva incoraggiato a saltare, e a correre da loro. Un coro esterno che si univa alla vocina.
Fingendo sino all’ultimo, indifferenza, il soldato scambiò la propria arma a tracolla con un’altra scarica, e più leggera.
In un momento in cui i suoi colleghi erano distratti da un assembramento di persone che si era formato, aspirò per un ultima volta la sigaretta, la lanciò, e scattò improvvisamente di corsa in direzione di quell’impercettibile varco fra le bobine di filo spinato che aveva previdentemente appiattito.
Bastarono pochissimi secondi, per compiere quel salto, iconico, divenuto simbolo di libertà… e lanciare via il fucile.

foto storica del soldato della DDR Conrad Schumann mentre salta sul filo spinato del muro di Berlino

Simbolo di libertà

Fu ufficialmente la prima guardia della Germania Est ad essere scappata a Ovest.

Dall’altro lato, incuriositi dal suo insolito comportamento, era da più di un’ora che alcuni giornalisti lo osservavano.
Fra di loro, Peter Leibing, suo coetaneo; colui che lo immortalò nel momento del salto in quella foto storica, divenuta simbolo di libertà, del muro di Berlino, e di quanto ne seguì.
Peter era abituato a fotografare i balzi dei cavalli in competizioni ippiche, ed applicò la propria abilità nel premere il grilletto al momento giusto. Come disse lui, un attimo prima, poiché farlo nel momento dell’azione è già troppo tardi per avere uno scatto pulito.

Abbiamo avuto modo di rivedere quello scatto al Checkpoint Charlie, uno dei punti di controllo che la gente dell’epoca passava nel transitare da un settore all’altro di Berlino. Oltre a quello vi si trovano anche tante altre testimonianze di persone che, come lui, riuscirono a oltrepassare la cosiddetta cortina di ferro.

Le conseguenze

Conrad era riuscito ad introdursi in quella parte di città completamente recintata, ma paradossalmente facente parte del mondo libero. Da lì, come avveniva per i contatti che Berlino Ovest aveva con l’esterno, venne poi fatto uscire tramite ponte aereo.

Andò in seguito a stare in Baviera, senza cambiare nome, né vivere sotto copertura. Si sposò quasi subito.
Se era un eroe nel mondo libero, era traditore nel suo, e doveva fare i conti con la Stasi (la polizia segreta della DDR) famosa per rapimenti e uccisioni, non solo sul proprio territorio.
Riusciva a corrispondere via lettera con i propri famigliari in Germania Est, che gli scrivevano di ritornare da loro, che sarebbe andato tutto bene…
Ovviamente lo scambio di messaggi era sorvegliato, e la composizione delle lettere che la famiglia gli spediva, veniva redatta sotto dettatura della Stasi, che mirava a irretire quel soldato così scomodo al regime.
E lui ci stava cascando! In piena guerra fredda stava per andare a trovarli.
Cambiò idea all’ultimo secondo, o forse è più il caso di dire all’ultimo metro, quando un poliziotto dell’ovest lo convinse a desistere.

Conrad Schumann era veramente libero?

Muro di berlino un salto per la libertà

Nè Conrad, nè il fotografo, che lavorava per un’agenzia, trassero profitto economico da quella foto storica.
Anzi, lo psicologo della polizia che lo seguiva, riscontrò come egli avesse fortemente risentito della risonanza e del clamore di quello scatto. (Triste ironia della sorte, sia di quello fotografico, che di quello di corsa).
Non solo si trattava di un atto di diserzione durante lo svolgimento di una missione, ma anche di violazione del giuramento.

Sebbene si fosse trasferito in un Paese libero, non seppe gestire quella libertà, finendo vittima di alcool e depressione.
Era sì, scappato da un regime e da una ideologia, tuttavia queste lo hanno poi perseguitato anche da lì.
Quel confine, lo avevano varcato insieme a lui anche paure, fantasmi e sensi di colpa.
All’est avevano i suoi famigliari in ostaggio… ma negli anni della DDR, praticamente chiunque, chi più chi meno, lo era…

In seguito ad una lite famigliare, all’età di 56 anni Conrad Schumann fece un ultimo salto. Quello che lo liberò, per sempre, da paure e sensi di colpa… e purtroppo, anche quell’ultimo, gli riuscì.

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11 risposte

  1. Fabio ha detto:

    Una storia intensa e commuovente che rende bene quale dovesse essere l’aria che tirava in quei giorni ed in quegli anni. Purtroppo molti furono uccisi nel tentativo di riacquistare la libertà saltando il muro, qualcuno ce la fece a passare dall’altra parte. Una pagina molto triste in ogni caso.

  2. paola ha detto:

    Quanto non è mai abbastanza raccontare queste storie. Quanto è importante continuare a farlo, anche se in molti sembra che non se le ricordino o non le abbiano mai sentite e continuano a tirare su muri o punire idee diverse.

    • Lemurinviaggio ha detto:

      Vero, nonostante si tratti di storia contemporanea può essere sfuggita o dimenticata, ed è importante ricordarla. I muri, possono darti riparo e proteggerti, ma quando vengono invece eretti per rinchiuderti dentro, come in tristi circostanze simili, diventano una prigione.

  3. Bea ha detto:

    Mi ha appassionato la lettura di questo post. Sembra quasi una favola ed invece è storia vera. Una storia che ha logorato l’esistenza di Conrad portandolo, quando tutto sembrava veramente tutto finito, ad un ultimo salto a Lui fatale.

  4. Giovy Malfiori ha detto:

    Conosco la storia di Schumann e mi fa molto piacere che qualcuno la ricordi. Quando ho fatto il mio viaggio nella ex DDR sono andata in cerca delle storie del “muro invisibile”, ovvero quelle di chi scappava dal mare. Mi venne in mente Schumann.

  5. Lucy the Wombat ha detto:

    Grazie di aver raccontato questa storia, sapevo del soldato e del suo gesto ma non dei retroscena né del tragico finale, nonostante le varie visite nei luoghi storici a Berlino, ex-muro compreso. Una storia che è anche parallelamente quella del potere della fotografia nel Novecento.

    • Lemurinviaggio ha detto:

      Grazie Lucy! Quella fotografia, dall’impatto emotivo fortissimo, mostra il momento di acquisizione della libertà, tuttavia… non può essere ovviamente in grado di raccontare anche quanto ne sia scaturito negli anni successivi.
      Non sapendolo, si sarebbe propensi a pensare ad un “vissero felici e contenti”, ma nel caso di Conrad invece, nemmeno a muro caduto, e a Germania unificata, è stato così, non riuscendo ad esorcizzare quei disagi.

  6. Sandra ha detto:

    Non conoscevo questa storia che trovo tristissima da qualsiasi punto di vista io la guardi. Grazie per avermela fatta conoscere.

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