Quegli istanti di incertezza del Destino
È la prima volta che mi trovo in un casinò.
A voler essere precisi, la sera prima avevamo già fatto una rapida passeggiata in quello incorporato nell’hotel in cui alloggiamo a Macao; ma non è la stessa cosa del Venetian, dove tutto è all’ennesima potenza.
Il Venetian di Macao
Questo infatti è il casinò più grande del mondo. Si trova nella Cotai strip dell’ex protettorato Portoghese; area che inizia a fare una certa concorrenza a Las Vegas, e che attrae migliaia di persone ogni giorno, soprattutto dalla Cina continentale.
L’edificio è il più grande dell’Asia, in quanto contiene anche un centro commerciale enorme, ed un resort da 3000 suites disseminate in 39 piani, oltre ad un arena spettacoli da 15mila posti a sedere.
Ed eccoci entrati in questa realtà parallela, in un labirinto di 3400 slot machines e 800 tavoli da gioco. È una realtà che posso solo ricordare a mente, poichè fotografare o riprendere è vietato, ed è impossibile riuscire a farlo di nascosto, visto che sembrano esserci telecamere quasi in ognuno dei suoi 51mila mq di superficie.
Grande fratello
All’entrata passi una sorta di metal detector, e da quel momento in poi sei praticamente tenuto a vista di continuo. Non so quanto personale ci sia fra croupiers, security e cameriere da sala; ma in certi momenti ho pensato che fossero più i dipendenti degli scommettitori.
Se tenti la foto nascosta, il rischio non paga: sicuramente nel giro di pochi secondi, qualcuno dalla cabina di regia che controlla le telecamere, telecomanderà l’auricolare di qualcun’altro in sala per avvicinarti e chiederti di cancellare la foto scattata. Forse chi ci prova con nonchalance, usando un telefonino potrebbe essere più fortunato.
Posti come questo sono i più “indicati” in caso di arresto cardiaco: la tempestività di chi ti sta tenendo d’occhio consentirebbe di avvertire immediatamente qualcuno in sala per azionare il defibrillatore, facendo la differenza tra la vita e la morte. In situazioni simili è il numero di istanti trascorsi, a decidere la sorte… Paradossalmente proprio in un luogo dove chi è entrato, seppur ad un altro livello, lo ha fatto con lo scopo di sfidarla.
Condizionamento mentale
Tutto all’interno è progettato per sfruttare la debolezza umana, e spremere al massimo i ludopatici che vi si aggirano.
Colorazione accesa di moquette e muri (rossi) per essere “stimolanti” nei confronti della gente e propenderla umoralmente al rischio; totale mancanza di finestre o orologi, per non dare riferimenti temporali a chi è sotto ipnosi ludica; colori, suoni, tecnologie… ci sono macchinette e slot machine a temi diversi, con personaggi eroici, oppure eroine semisvestite, automobili, e sport vari.
Sono tanti poi i tavoli in cui si può giocare a carte contro il banco, assieme ad altri giocatori, tipo il black jack o il baccarat.
Il fumo è onnipresente ad una concentrazione spaventosa, al punto che io renderei obbligatorie le pettorine catarifrangenti per chi si aggira fra i tavoli.
Probabilmente una videosorveglianza simile non viene usata solo per controllare che non ci siano tipi sospetti, o imbroglioni, o per marcare a uomo chi sta vincendo troppo, ma anche per cercare di invitare e mettere a proprio agio chi non si sta abbandonando a quel caotico mondo, reso diabolicamente ammaliante per spillarti denaro facendoti credere di poter vincere qualcosa.
Il personale in quanto a osservazione è sulla stessa barca dei clienti: tutti i dipendenti sono vestiti in maniera molto formale ed elegante, e fanno di tutto per metterti a tuo agio, (oltre possibilmente stordirti e farti perdere?); se non facessero così, presumo non passerebbe inosservato alle alte sfere, e verrebbero sollecitati all’azione in tempo reale via auricolare.
Siamo noi i pesci esotici dentro l’acquario del Venetian
Non abbiamo bevuto i cocktails che offrono perchè sappiamo che in alcuni posti dove si gioca d’azzardo vengono intenzionalmente serviti molto potenti; siamo stati gentilmente avvicinati da qualche cameriera che visto il caldo e il fumo, passava ad offrire in giro dell’acqua imbottigliata e marchiata Venetian. Altrettanto gentilmente l’abbiamo rifiutata. Ammetto che comunque non hanno mai insistito con noi, e non c’è mai stata invadenza. In saloni popolati da orde di Cinesi, eravamo tra i pochi occidentali presenti, e sicuramente saremo sembrati visibilmente meno propensi allo spennaggio rispetto agli zombies più remunerativi che ci attorniavano.
Antropologia ludica
Quando la coltre di fumo lo permette, passeggiare tra i vari giochi è molto interessante: da un lato mi avvicino a calcolare l’equità matematica del rapporto rischio/ricompensa, e dall’altro osservo con discrezione i vari giocatori.
A divertirsi sono in pochi di loro.
Chi depresso e ipnotizzato schiaccia ritmicamente un pulsantone, fumando e quasi non prestando attenzione al risultato, lasciando cadere il dito per forza di gravità. Chi invece su di giri, ha improvvise reazioni poco contenute; ma non più di tanto evidenti poichè sommerse in una bolgia rumorosa di fondo.
Chi teso e nervoso, come una corda di violino, attende la conclusione di una mano. Una tensione che evidentemente ricerca e paga profumatamente.
Al Venetian non si accettano patacche
La puntata però l’ho voluta fare anche io! Valutati appunto i tassi di rischio, e scartati i giochi di cui non conosco le regole, mi piazzo ad un gioco di tre enormi dadi, in cui come immaginabile va predetto il risultato.
Il fatto che siano sotto vetro e lanciati meccanicamente, invece di utilizzare un generatore elettronico di numeri “casuali”, contribuisce alla scelta.
Sarà qui che spenderò in una puntata, alcune patacche.

Andare in un casinò e pretendere di giocarsi delle patacche invece dei soldi, sarebbe un po’ il sogno di tutti; se non fosse che le patacche sono veramente del denaro, ed in particolare è la valuta di Macao.
Al cambio la Patacca è meno forte del Dollaro di Hong Kong, e chi vuole giocarsi del contante, lì dentro, lo può fare solo in dollari. Riassumendo quindi: “tira più il dollaro della patacca”.
In alternativa, si gioca infilando direttamente la carta di credito, e si osserva magicamente il numero del conto scendere sempre più, quasi senza accorgersi del servizio pulizia. Di cinesi con la carta inserita ne abbiamo visti tanti, una sorta di “flebo” virtuale.
Personale androide
A parte la zombaggine dei presenti, abbiamo avuto dubbi antropologici anche sulle croupiers, che appena ci avvicinavamo ad un tavolo vuoto (per vedere costi minimi di puntata e ratio vincita), eseguivano un movimento di invito al tavolo, spostando la mano in modo coreografico davanti a sè.
Sembravano robot. E le abbiamo “innescate” un sacco di volte. Sarebbe stato bello sperimentare da che distanza le attivavamo, e se esisteva una qualche sorta di fotocellula!
Le prime volte noi sorridevamo e declinavamo, scuotendo lievemente la testa… ma rimanendo lì a guardare, queste ripetevano il gesto altre volte, di continuo, in loop!
Alchè, in episodi successivi, quando vedevamo sorriso e coreografia, ci limitavamo a spostarci un pochino, lasciando intendere che non eravamo interessati e che non era il caso di continuare quei movimenti fino a fondersi i circuiti… e con il fumo nell’aria, se si fossero fuse non ce ne saremmo nemmeno accorti!
Inserisco allora le monetine di Hong Kong come richiesto nella macchinetta dei dadi. Riesco a partecipare a un giro, i dadi sulla piattaforma saltellano e si stabilizzano: perdo.
Ma va bene così, il nostro approccio è più che altro folcloristico, giusto per provare, come se stessimo facendo una partita in sala giochi.
È durato pochi secondi.
Nel nostro caso abbiamo impiegato una cifra irrisoria, ma mi domando a che velocità i casinò succhino soldi ai clienti, che nemmeno hanno il tempo di realizzare con reattività consapevole quanto stanno perdendo, che già stanno scommettendo al giro successivo, in una spirale senza fine.
Sono pochi secondi, a cui tu dai un valore, correndo un rischio più elevato rispetto all’eventuale premio che riceveresti. Esistono tante cose più divertenti e salutari su cui spendere il proprio denaro. (Per la cronaca, tanto per fare un esempio, quella sera abbiamo poi cenato da Fat Burger).
