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Nella Tana del Lupo

In cosa avrebbero differito gli eventi, se il 20 luglio 1944 l’operazione Valchiria fosse andata a segno; se quel giorno, colui che stava trascinando sul baratro l’umanità, fosse stato eliminato da Claus von Stauffenberg, come da obiettivo?

Da dove tutto partiva

In mezzo a una foresta polacca al confine con la Russia, mimetizzate tra la vegetazione, sono ad oggi rimaste tracce di quel tentato colpo di Stato; tracce che insieme a molte altre, sono in minima parte scampate alla distruzione dei nazisti in fuga, e persistono al logorio del tempo. Un tempo luogo impenetrabile, oggi ombra e macerie di quello che fu uno dei principali punti da cui partivano decisioni e ordini che hanno indelebilmente segnato il passato di popoli, e colpito il destino di milioni: la tana del lupo.

Così è soprannominato un sistema di bunker tedeschi sul fronte orientale, in cui il lupo (sì, avete indovinato, proprio Adolf Hitler) trascorse in totale più di 800 giorni nel periodo del secondo conflitto mondiale.
Nella tana del lupo (wolfsshanze), dotati di flebili torce, ci siamo infilati ovunque potevamo, e non di rado anche dove non si sarebbe potuto.
Alberi, erba e arbusti si fondono a cemento e a innumerevoli tranci di acciaio che spuntano (un po’ pericolosamente) da ogni dove, riuscendo quasi a spacciarsi per liane e radici, in una strana apocalittica archeologia forestale.

Cavi di acciaio che spuntano fuori dalle rovine come liane

Quel che rimane dei bunker

Il sito venne distrutto, ma non dai Russi, che non spararono nemmeno un colpo per appropriarsene, bensì dagli stessi nazisti in fuga.
In alcuni casi, guardando l’incurvatura della deformazione di muri e colonne degli edifici, si nota come le detonazioni siano state innescate dall’interno delle strutture.
I tedeschi stavano accumulando perdite sempre più consistenti; in molti ormai si rendevano conto che continuare un folle espansionismo su più fronti era impossibile da sostenere. Nella notte fra il 24 e il 25 gennaio 1945, prima della ritirata (Hitler se ne era già andato da un paio di mesi con i documenti più importanti), evacuarono e demolirono il complesso, che due giorni dopo cadde in mano all’armata rossa.

Quella particolare collocazione, al di fuori di Ketrzyn (Polonia), all’epoca chiamata Rastenburg, era stata scelta poichè, oltre ad una vegetazione favorevole al camuffamento, era attorniata da laghi e paludi che avrebbero rallentato eventuali offensive nemiche via terra.
Alla conformazione del territorio aggiunsero poi altri presidi difensivi; tra cui filo spinato e 54mila mine di diverso tipo (anti uomo, anti carro, in vetro, a sbalzo, eccetera…) disseminate nei dintorni. Nel dopoguerra queste richiesero anni di lavoro di sminamento e vite umane. Un monumento a coloro che persero la vita durante la successiva bonifica, è stato dedicato all’interno.

Nel cuore della Wolfsshanze

L’area è assai vasta, ed è consigliabile acquistare una guida per meglio comprendere ciò che vi si può scovare; considerando che alcuni edifici possono risultare identici ed irriconoscibili, e non ci sono cartelli che diano spiegazioni.
È importante prestare una certa cautela poichè spranghe e spuntoni in ferro che fuoriescono da macerie di cemento armato, crepe, pertugi e terreno dissestato, possono rappresentare potenziale pericolo di infortunio.

Rovine sorrette da rami nella tana del lupo in Polonia

I bunker avevano pareti e tetti dallo spessore di due/tre metri; alcuni addirittura muri da 8 e soffitti da 10, sopra ai quali venivano piantati artificialmente alberi.
Ci sono quelli di Keitel, di Bormann, quest’ultimo in parte addentrabile (consigliata una torcia) e di Goring, meno danneggiato e pertanto ancor più intrufolabile.
C’è l’edificio delle tipografiste e stenografe, il garage (al cui interno nel buio totale, sorvolo su cosa ho illuminato… ), il bunker degli ospiti, l’edificio delle telecomunicazioni dove si tenevano in contatto costante con le altre postazioni in Prussia (ovvero la Polonia di allora) e con Berlino, un edificio che conteneva un casinò; mentre invece quello adibito a cinema che avevamo notato in delle mappe, presumibilmente non è rimasto in piedi.
Il leader nazista si isolava sempre più in questa, per così dire, “campana di vetro”, forse meglio definibile come “campana in cemento armatissimo”, estraniandosi sempre più dalla realtà.

L’operazione Valchiria

All’epoca di quel fatidico 20 luglio dunque, avvicinare abbastanza Hitler al punto da poterlo uccidere, significava dover inevitabilmente agire all’interno di quel nascondiglio.
Per via di lavori di ristrutturazione e del previsto arrivo in giornata di Mussolini, la riunione quotidiana si tenne eccezionalmente nella caserma numero 3, un prefabbricato in legno e mattoni più arieggiato, invece che nel consueto bunker.

Il colonnello Stauffenberg con l’aiuto di un complice, riuscì a portare con sè in riunione, una valigia contenente esplosivo, riponendola sotto al tavolo a poca distanza dal leader nazista.
Con la scusa di una telefonata urgente poi, lui e il suo assistente se ne andarono prima che il complicato innesco chimico dell’esplosivo si attivasse.
Il piano era di volare a Berlino e, grazie alle leggi vigenti, prendere conseguentemente il comando del reich menomato del suo capo; in modo da condurre successivamente la transizione di governo che al più presto avrebbe poi negoziato una trattativa di pace con gli alleati. Per molti infatti la guerra era già persa; tenuta in essere dalle ambizioni personali di un tiranno che continuava a ordinare brutalità su civili, e a trascinare con sè il Paese alla distruzione totale. Ma chi aveva il coraggio e i mezzi per opporsi?

Le conseguenze dell’attentato

Al colonnello era riuscito quasi tutto: lasciare la wolfsshanze indenne e arrivare a Berlino senza sospetti, l’esplosione era avvenuta, l’aveva personalmente udita… Ma in realtà l’obiettivo primario non era stato raggiunto. Erano morte 4 persone e ferite molte altre, ma Hitler se l’era cavata con lievi ferite superficiali. Forse è il caso di dire che il lupo perde il pelo ma non la vita.
La foto in cui lo si vede salutare Mussolini in treno, porgendogli innaturalmente la mano opposta (ovvero quella sana), risale a poche ore dopo l’attentato.

Foto storiche del giorno dell'attentato a Hitler

Quella stessa notte vennero uccisi Stauffenberg e gli altri complottisti. Le purghe che prevedibilmente ne seguirono, ricaddero su cinquemila uomini, molti dei quali uccisi, altri finiti nei lager. Tra loro vi erano anche ufficiali di alto rango.
Pur essendo a sua volta il nazismo, come gli altri totalitarismi, un regime che sopprimeva con violenza qualsiasi dissenso, erano in continuo aumento le correnti interne che non volevano più appoggiare i deliri del fuhrer.

Rischi quotidiani

E lui stesso lo sapeva bene… non è un caso che i dittatori abbiano costanti paranoie su chi stia tramando alle loro spalle. Nella sua circostanza, oltre a una miriade di guardie del corpo personali, si teneva vicino solo i più fidati, e aveva chi gli assaggiava il cibo per accertare che non fosse avvelenato.
In un messaggio radio alla nazione diede prova di essere vivo, dando quindi conferma che tutta la struttura militare e statale continuava a rispondere a lui; e rammentò come non si trattasse della prima volta che subiva tentativi di uccisione.
Gli storici, tra tentativi teorizzati e tentativi messi fisicamente in atto, ne hanno contati 42; a comprova del fatto che sebbene il fuhrer continuasse a farsi identificare nella nazione, il servire lui e il servire la Germania, erano diventate due cose diverse, e questo non solo per i dissidenti.

Cosa salvò la vita a Hitler

La domanda su come abbia fatto a salvarsi, sorge spontanea.
Soprattutto pensando che il suo suicidio, quando oramai era annientato, risale all’aprile del 1945. In quei nove mesi trascorsi, quante vite si sarebbero potute risparmiare?
Ebbene il tavolo di grossa quercia sotto cui era stata posta la valigia, ha in parte attutito l’esplosione. La valigia durante la riunione, era stata da qualcuno ulteriormente allontanata da Hitler affinchè non lo disturbasse.
Ma soprattutto, il fatto che quella riunione fosse stata eccezionalmente tenuta in una caserma poco rinforzata e non in un bunker dalle spesse pareti come di solito, ne ha disperso l’energia. In caso contrario il danno, e i morti sarebbero stati superiori.

Oggi sono rimaste solo macerie. Vi hanno posto una placca ed un memoriale a ricordo di chi ha provato a fermare dall’interno, a costo della propria vita, la devastazione perpetrata da un regime che ha successivamente proseguito per altro tempo ancora con distruzione e oppressioni.
La storia, in quei metri quadri, avrebbe potuto prendere una piega diversa.

Tana del lupo in Polonia il quartier generale di Hitler a Ketrzyn

Il covo vero e proprio del lupo, è il numero 13. Dove solo i più fidati avevano accesso, dove nemmeno Eva Braun mise mai piede.
Abbiamo scoperto un effetto peculiare di acustica negli angusti corridoi dei bunker, che porta a far rimbombare fino a propagarsi in uscita, i suoni.
Stavo parlando da solo alla telecamera sulla soglia di un’entrata, quando odo la voce di Lemu Rina in risposta, provenire dall’interno del bunker di Hitler! Si trovava sulla soglia di un accesso successivo, e la surreale conversazione che stavamo avendo, si stava tenendo in un posto dove ben altre voci e ben altri discorsi vi rimbombavano.

Momenti di panico durante l’esplorazione

Involontariamente, in un luogo del genere, ho nel mio piccolo seminato il panico, se così si può dire.
Ci sono infatti edifici abbandonati, afferenti alla rete di bunker nazisti, anche nell’area adiacente al sito, ma sebbene quelle rovine siano liberamente accessibili in uno stato quasi inalterato, dato che si trovano in una vegetazione più fitta e decisamente più selvaggia, vengono evitati dai più.
Uno in particolare, più grande degli altri sembra quasi una piramide di cemento armato; era adibito ad uso generico, tra cui riparo collettivo in caso di bombardamento.

Vi ero entrato da un pertugio nel retro e ne stavo esplorando le oscurità interne, quando proseguendo per il corridoio sento un vociare femminile. Più proseguo e più il volume di questo aumenta, e a quanto pare diventa pure più acuto e sconnesso in seguito ai miei movimenti. Mi pareva ovvio che si trattasse di qualcuno che era all’imbocco di un’altra entrata e che le onde sonore si propagassero da lì. L’unico problema che ravvedevo sarebbe stato solo il come gestire eventualmente l’incrocio in quel buio e in quello spazio ristretto, ma niente di che…
La voce di donna si fa sempre più reattiva e strillante finquando l’eco di una mia strisciata di piede la fa letteralmente urlare; pochi istanti dopo giro l’angolo del cunicolo, sbucando fuori dalle tenebre (avevo una maglia bianca) di fronte al loro accesso, e questa urla a squarciagola!
Poverina.
(Un plauso al contegno del compagno).

Comunque è una ragazza molto simpatica, si è poi offerta di scattarci una foto e abbiamo fatto conoscenza, si chiama Angelica e viene dall’Alta Silesia. Finite le chiacchiere ci siamo però dimenticati di augurarle che la scarica di adrenalina accidentalmente infertale, non si fosse tramutata in scarica di altro, ma meglio così! 🙂

Tana del lupo in Polonia il quartier generale di Hitler a Ketrzyn

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24 risposte

  1. Falupe ha detto:

    Adoro i racconti storici, in particolare di questo periodo 👍

  2. Happilyontheroad ha detto:

    Sempre belli e interessanti i vostri racconti, Lemunrini! Anche quando si tratta di una brutta pagina di storia, forse la più brutta.

  3. Cosa non avrei dato per entrarci! *_* Ci sarebbe voluto il cacciacopertoni dei Tir per staccarmi da quel posto 😉
    Comunque complimenti per come l’hai raccontata sta pagina nera!

    • Lemurinviaggio ha detto:

      Grazie! Comunque possiamo capire benissimo! 🙂 Noi abbiamo curiosato un po’ in ogni dove, anche zone meno visitabili con batterie scariche che non ne potevano più!
      C’era gente invece che si è limitata a fare una fugace passeggiata guardando solo a distanza quel che si intravedeva , senza approfondire.

  4. Un luogo molto particolare, ricordo un recente film che ha proprio raccontato il fallito attentato

    • Lemurinviaggio ha detto:

      Sì , molto ben interpretato da un Tom Cruise monoculato 💢 Nonostante ne conoscessimo già l’esito, quando abbiamo guardato quel film, abbiamo sperato lo stesso fino all’ultimo che si salvassero…

  5. Che escursione carica di emozioni😉ora pero sarei anche curiosa di sapere cosa hai illuminato nel buio dell edificio delle stenografe😀 comunque una passeggiata indietro nel tempo che ha rispolverato un po’ di ricordi scolastici e mi ha fatto conoscere qualche curiosità in più!😉grandi!

    • Lemurinviaggio ha detto:

      All’interno dell’enorme garage era buio pesto, e per camminare oltre a illuminare intorno , lo facevo anche dove mettevo i piedi. Ad un certo punto, un piccolo quadrattino in terra ha riflettuto la luce brillando per un attimo. Mi sono fermato e ho inquadrato meglio per curiosità, in modo anche da leggere la marca scritta sopra…..
      Diciamo che da quanto ne ho dedotto un gentiluomo e relativa donzella devono averlo scelto come posticino alternativo per appartarsi 😀

  6. isabellabradascio ha detto:

    Uno dei periodi più tristi e al contempo affascinanti e intricati della storia. Tra l’altro, il periodo che a me personalmente affascina più di qualunque altro, in assoluto. Un post inconsueto e interessante. Un racconto di viaggio e storia. L’ho trovato molto, molto bello e di spessore. Complimenti.

    • Lemurinviaggio ha detto:

      Grazie! In quel periodo è successo proprio di tutto, e ogni tanto si scopre qualchecosa di cui non si era a conoscenza, talvolta persino clamoroso, pensando a che drastici cambiamenti avrebbero potuto seguire il corso della storia

  7. Rivogliolabarbie ha detto:

    Che bel mix di emozioni che si deve provare a visitare un luogo del genere! Sarò ripetitiva, adoro i vostri racconti!
    Erica

    • Lemurinviaggio ha detto:

      Emozione che dal guardingo spazia al “noncipossocredere!” legata alla surrealtà del poter per davvero visitare liberamente oggi un luogo del genere. Forse come un domani, chissà, gironzolare ad Abbottabad nel compound di Bin Laden :O

  8. Stamping the World ha detto:

    Questa è stata proprio una bella esperienza! È un luogo che mi attira tanto e spero di poterci andare un giorno!

  9. Mina ha detto:

    bellissimo e interessante articolo, un pezzo di storia di cui io non ero a conoscenza, davvero la storia avrebbe potuto prendere un’altra direzione ma non è successo purtroppo!

    • Lemurinviaggio ha detto:

      Se le cose fossero andate secondo il piano, con mesi di anticipo, meno morti e meno danni, sarebbe stata patteggiata una resa, le correnti nascoste fra i nazisti che dissentivano avrebbero trovato il coraggio di venir fuori e chissà in cos’altro avrebbe differito la realtà odierna… tutto sarebbe potuto partire proprio da lì!

  10. Chiara Pancaldi ha detto:

    Un luogo molto affascinante della Polonia di cui non avevo mai sentito parlare, quando riuscirò finalmente a fare un on the road in quella nazione lo terrò sicuramente in considerazione!

  11. Camilla Assandri ha detto:

    Sicuramente un luogo molto particolare che merita la visita.
    Attraverso il racconto mi sono proprio immersa nella storia.

  12. Ho i brividi. Non conoscevo nè la storia (sigh, che ignoranza) nè questo sito, e mi piacerebbe poterlo scoprire un giorno. Grazie per averne parlato!

    • Lemurinviaggio ha detto:

      In quel periodo storico ne sono successe talmente tante, che l’ubicazione di questo complesso di bunker e il fallito attentato non sono così tanto conosciuti, ma in fondo una delle cose belle dei viaggi e dei racconti è anche quella di non finire mai di imparare 🙂

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