Mên-an-Tol, la ciambella di pietra e i Piskey della Cornovaglia
Di cerchi di pietre abbiamo avuto occasione di visitarne tanti, in diverse nazioni… ma un “cerchio di pietra”, nel senso letterale del termine, non ci era ancora capitato.
Ci riferiamo alla forma vera e propria di una roccia, fortemente somigliante ad un donuts, una ciambella in granito con il buco.

Le origini di Men-an-Tol
Mên-an-Tol in cornico significa “pietra forata”, e dà il nome a una conformazione di quattro pietre, in cui quella ad anello è collocata al centro, tra due verticali allineate.
Risalgono ad alcuni millenni fa, probabilmente usate come porta cimiteriale nel neolitico, o come rudimentale calendario per allineamenti astrali nell’età del bronzo.
Se il periodo di origine non è circoscrivibile con accuratezza, si sa invece con certezza che alcuni secoli fa non avevano la posizione attuale, ma una angolazione leggermente diversa. Oggi sono, per così dire, “più allineate” fra loro.
Sarebbe forse il caso di chiedere conferma direttamente alle fate e ai piskie, che si dice pullulino quel luogo, e di cui sarebbero guardiani da tempi immemori.
Chi sono i Piskey della Cornovaglia
I piskey (o pixie, o piskie) sono l’equivalente dei folletti: orecchie a punta, cappello a punta, in certi casi dotati di ali, e tendenza al nudismo poiché sono poco vestiti o completamente nudi.
Nel folclore cornico sono fortemente legati alla natura: si divertono a salire sui cavalli, ad intrecciarne le criniere in grovigli difficili da sciogliere, conoscono grotte, anfratti, insenature, sorgenti, adorano esplorare, danzare, amano la musica ed il granito.
Possono essere amichevoli con gli umani, aiutando ad esempio le vedove nei lavori domestici, ma anche dispettosi, conducendo i viandanti fuori strada. (Per evitare depistaggi il viandante deve indossare il proprio cappotto al contrario, cioè con esterno ed interno invertiti).

La Magia di Men an Tol
Per anni Men-an-Tol è stato usato a scopi taumaturgici.
Si pensava che, il passare attraverso la pietra centrale nove volte in direzione del sole, potesse curare reumatismi, dolori di schiena e febbre. Pare toccasse soprattutto ai bambini per guarire il rachitismo.
Ma si pensava anche propiziasse la fertilità: se una donna, durante la luna piena, fosse passata sette volte all’indietro attraverso il foro, sarebbe diventata presto incinta.
Quando siamo arrivati noi, il piskey di turno deve aver lasciato un biglietto “Torno subito” sotto forma di impraticabilità di transito. Anche solo ad infilarsi per metà ci sarebbe infatti stato da inzaccherarsi; comunque non avevamo nessuna urgenza, non sporgeremo alcun reclamo. 🙂

Il sito sacro, in passato conosciuto anche come Devil’s eye, era considerato protettivo nei confronti di malefici, e consultato come oracolo. In particolare, in cima alla roccia, venivano sovrapposti a croce due spilli, uno sull’altro; e a seconda di come poi si muovevano in risposta al quesito posto, se ne interpretava il responso.
Era dunque luogo di diversi rituali; oltre a quelli menzionati, si attraversava la pietra anche come rito di passaggio o come rinascita simbolica.
Conformazioni di questo tipo venivano considerate una specie di finestra su altre dimensioni.
In Cornovaglia abbiamo visitato una cascata le cui acque scorrono attraverso un anello simile, detta “delle fate”, poichè secondo la leggenda sarebbero visibili oltre il portale.

Si sono avute letture tra loro fortemente discordanti a proposito del livello di radiazioni di fondo delle pietre. Sarebbe interessante approfondire la differenza di questi risultati, cercando di capire come tali emanazioni possano dunque alzarsi a seconda della temperatura e del periodo dell’anno.
Raggiungere i megaliti
L’occasione ideale per un’escursione a Men-an-Tol è in concomitanza ad una gita nella penisola di Penwith, la parte più a ovest della Cornovaglia; nel nostro caso in seguito ad un’escursione a Land’s End.
Il sito si trova in piena campagna ed è scarsamente segnalato.
Si percorre una sostanziosa camminata in mezzo al nulla; poi d’improvviso si gira a destra scavalcando un piccolo argine.
È nascosto in un terreno agricolo, per cui il tratto finale è una sorta di campo minato in cui schivare i ricordini che le mucche hanno disseminato ovunque… e quindi anche accortezza a non calpestare pure qualche piskey!
Rispetto all’idea che si possa avere dei megaliti, dal vivo queste antichissime pietre sono relativamente piccole, ma la circonferenza è comunque abbastanza larga da consentire il passaggio (sempre che non ci si sia abbuffati di deliziosi Cornish pasties).
Poco prima di andarcene, ho notato che una delle pietre verticali sembrava come essere stata “segnata”.
Ma è solo un piccolo dettaglio, rispetto a quante nel tempo ne hanno viste ; sono sopravvissute persino a qualcuno che, con del napalm fatto in casa, le aveva incendiate! (Pazzo! Che lo prendesse un piskey!)

Non sapevo dell’esistenza di questo posto, e dire che ci sono passata molto vicino quando sono stata a Land’s End. Vorrà dire che è ora di programmare un altro viaggio in Cornovaglia 🙂
Si trova a poche miglia da Land’s End, ma è piuttosto fuori mano. In mancanza di segnaletica, abbiamo avuto più volte dubbi di essere sul percorso giusto. Anche una volta intrapresa la passeggiata sul sentiero in mezzo ai campi, è assai probabile mancare i gradini nel muretto da oltrepassare per raggiungere il sito. Ma l’isolamento del posto contribuisce alla magia dell’atsmosfera del luogo.
L’intrecciare le criniere dei cavalli in grovigli è una credenza riscontrabile anche in una leggenda del Guatemala. Mi affascina il folcore popolare 😍
Anche a noi affascina tantissimo poichè incarna tantissimo del retaggio di un popolo. Da quanto ne sappiamo anche i Mazapegul dell’Appennino intrecciano nottetempo le criniere dei cavalli.