Inghiottiti da Ghar Hasan
C’è un posto nel sud di Malta che racchiude due bellezze naturali in una.
La località è facile da ricordare, perchè assomiglia ad uno starnuto: Birżebbuġa.
Oltre a contemplare la scogliera, che cattura con il suo fascino quasi epico, è possibile imboccare un sentierino che fiancheggia il precipizio, ed inoltrarsi all’interno di una grotta, Ghar Hasan.

La leggenda di Ghar Hasan
Ghar Hasan è traducibile come “grotta di Hasan”; il nome sembrerebbe legato ad un saraceno ribelle del XII secolo che rapì da un villaggio vicino, una bellissima contadina Maltese e la rinchiuse lì. Tale gesto provocò le ire della gente del posto che dopo aver setacciato la zona, finì con l’assediare la grotta.
Hasan piuttosto che lasciarsi catturare, spinse la ragazza dallo strapiombo, e le saltò dietro, commettendo un omicidio suicidio.
Una versione più romantica, che inverte l’ordine dei fattori ma non il risultato, vedrebbe la giovane Maltese rapita, incappare nella famigerata sindrome di Stoccolma.
Accostare la fredda capitale svedese, alle vicende di questa calda isola del Mediterraneo, può stridere quanto accendere stufe e condizionatori simultaneamente… ma tale è la denominazione ufficiale di un insolito comportamento. Viene attribuita ad una benevola reazione della vittima nei confronti del proprio carnefice, che in manifestazioni più estreme arriverebbe addirittura all’innamoramento.
In uno scenario del genere, sarebbe stata la ragazza ad essersi volontariamente lanciata di sotto, per amore di Hasan…
Non esistono però documenti a comprova di nessuna delle due versioni. Chissà allora in che modo, un luogo simile, che effettivamente si presta benissimo da nascondiglio, ha acquisito il nome che lo contraddistingue; magari un certo Hasan, un giorno, è accidentalmente caduto di sotto per conto suo?
Why not?
Prima di addentrarci in pertugi e racconti però, è giusto mettere in guardia su alcuni elementi che potrebbero scoraggiare:
- L’alta rete all’arrivo del parcheggio adiacente, che quasi ti fa pensare non sia (più) quella l’entrata.
- L’odoroso bivacco di un barbone, che ti fa sospettare che potresti forse trovare compagnia.
- Lo strapiombo di circa 70 metri, che può disorientare e intimidire.
- La friabilità dell’arenaria maltese e il brecciolino sotto ai piedi, che uniti alle raffiche di vento, ti fanno sentire un po’ instabile.
- Lo stretto sentierino che conduce all’ingresso della grotta, con tanto di malandata ringhiera arrugginita, che lascia intendere come non venga svolta manutezione.
- Nelle grotte, una cancellata interna che ad un certo punto blocca un passaggio.
Sono vere e proprie fauci
Ci soffermiamo sulla soglia dell’alto ingresso dalla forma vagamente trangolare. L’imboccatura della grotta mantiene ampie proporzioni al suo interno per circa una ventina di metri, percorribili a piedi piuttosto agevolmente, e ben illuminati dal sole attraverso quel suggestivo varco.
Si notano come dei cerchi concentrici che formano sacche laterali. Sembra di entrare attraverso faringe, laringe, corde vocali… insomma di venir inghiottiti! Ci siamo immaginati le fauci di un enorme drago/serpente mitologico.
In fondo ci si accorge di una piccola cancellata protettiva, ed il bello deve ancora arrivare…
Il Cunicolo
Guardare avanti mentre si esplora questa bocca è avvincente, alimenta il desiderio di spingersi oltre, ma anche girarsi e guardare indietro colpisce, nello scorgere da là dentro una porzione di mare e di cielo incorniciato. Spettacolo impagabile.
(Ah, non si paga alcun biglietto eh!)
Addentrandosi del tutto, la grotta si stringe quasi completamente, fino ad una grata che blocca la prosecuzione attraverso uno spazio che sarebbe eventualmente stato abbastanza largo da intrufolarsi. Peccato, ma sicuramente ci saranno dei motivi per cui è stata piazzata proprio lì. Comunque continuiamo a guardarci intorno affascinati.
Notiamo su una roccia qualcosa di somigliante a lettere bianche quasi completamente cancellate.
A guardare con attenzione si direbbe qualcuno abbia scritto “PLEASE”.
Ma la sorpresa inaspettata è che da quel punto, guardando a destra, si scorge in lontananza una fonte di luce, come una finestrella luminosa!
Accendo la luce del cellulare, constato che riuscirei a passare, e provo ad infilarmi in quella tendina di tenebre. Proseguo con molta cautela, e osservo, dove riesco, le pareti rocciose, notando anche alcuni accenni di formazioni stalattitiche.
La luce del pertugio in lontananza da sola non basta: è fondamentale usare una luce artificiale propria se si intende raggiungerlo.
Illumino qualche squarcio laterale nella roccia, ma il pensare di uscire da quel, già di per sè, angusto “corridoio” che sto percorrendo, significherebbe dover gattonare.
L’Apertura
Mi muovo piano, ma a forza di avanzare, oramai il contatto vocale/uditivo con Lemu Rina è svanito.
Mi ha visto entrare in quel buco, mi ha sentito per un po’, e ora… si starà forse chiedendo se ho fatto la fine di “quella capra”?
C’è una buffa leggenda metropolitana che ipotizzerebbe la prosecuzione di questi cunicoli nell’entroterra dell’isola sino a collegarsi a quelli di La Valletta, tanto che… una capra che venne liberata qui, sarebbe ricomparsa dopo poche ore nella capitale! 😀

Mi si materializza un accenno di sorriso ad un angolo della bocca, ma è solo momentaneo, perchè rimango sopraffatto dallo stupore. Nei miei barcollamenti riesco a raggiungere la finestra sul Mediterraneo, sentendomi un piccolo speleologo dal codone bianconero.
Il panorama è bellissimo, e guardando il mare di sotto comprendo meglio la parte di leggenda legata al salto di Hasan. Le aperture sono tre: il grande ingresso da cui abbiamo acceduto, la “finestra” (in cui mi trovo) la cui luce mi aveva attratto e che ora mi permette di guardare intorno ad occhio nudo, e… da qui, ne è comparsa pure un’altra più avanti!
Devo provare a raggiungere anche quella…
La Stanza
Continuo l’esplorazione cercando allo stesso tempo di, guardare in basso dove metto i piedi, fare attenzione in alto a non sbattere la testa, ammirare l’ambiente roccioso a pochi centimetri dal mio naso, riprendere con la telecamera.
Questa ulteriore apertura luminosa che intravedo, è affiancata da qualcosa che da lontano sembra assumere la forma di una porta, ma prima c’è come un grosso macigno pilone, che per essere aggirato, va praticamente abbracciato.
Sebbene sia un tratto assai breve e che non necessita di torce, è un pochino più impegnativo del precedente; e quando lo completo, quasi ignoro il bellissimo panorama che, abbagliante, si staglia al di fuori dell’ultima “finestra”, perchè di fronte ho per davvero una stanza!
Si nota una sorta di lavorazione, come se da una nicchia naturale fosse stato apportato qualche ritocco artificiale.
È qui che stava Hasan? È da questo terzo varco che si gettò?

Il Ritorno
È un peccato che ci sia qualche traccia di immondizia, e che qualcuno abbia un tantino abusato di un posto tanto affascinante quanto recondito. La sensazione fortissima, stando lì, è proprio quella di: TANA.
Un senso di protezione, di rifugio nascosto, difficile da raggiungere.
Nel frattempo è trascorso un bel po’ di tempo, e mi accingo quindi a ripercorrere a ritroso il passaggio.
Ricomincio a lanciare qualche urlo di richiamo senza ricevere risposta, eccezion fatta per lo sgocciolio interno e il rifrangersi delle onde esterno, finquando progredendo nella coltre buia, rientro finalmente anche nel campo uditivo.
La lontanissima voce che in risposta percepisco, sulle prime è ovattata e indistinguibile, ma proseguendo ulteriormente diventa più nitida, e pian piano iniziamo a sentirci, fino ad arrivare al ricongiungimento.
Sono esaltatissimo, deve vedere anche Lemu Rina! … e io mi farei volentieri un secondo giro.
Dunque ci si inoltra questa volta insieme, rientrando in quel buio, che però, già dalla seconda volta, possiede qualcosa di famigliare: so dove sono buche, dislivelli e punti particolari da osservare; ed insieme raggiungiamo assai più rapidamente la prima finestra.
Inseguire quella luce in fondo al tunnel è davvero un’emozione, possiamo viverla senza concitazione… noi non siamo braccati da nessuno fuori!
Che avventura, ragazzi! Se mi fossi inoltrato io nel cunicolo, Kiki mi avrebbe tirato dietro degli accidenti che si sarebbero sentiti senza dubbio, contatto uditivo o meno! ahahaha
Comunque è incredibile constatare che l’uomo riesce a sporcare ovunque, anche quei luoghi remoti dove proprio non penseresti di trovare tracce di vita…in ogni caso, il coraggio porta a scoprire posti davvero fantastici! Ed è stato bello condividere quel momento insieme! Bravi Lemurini! 😉
Grazie! Purtroppo può bastare davvero poco a deturpare l’ambiente che ci circonda. Effettivamente se buttare i rifiuti nel bidone è buona norma in un ambiente normale, a maggior ragione in luoghi così poco frequentati diventa vitale portarseli via.
Attenzione che Ghar Hasan è un po’ precaria, a urlare troppo forte vien giù qualcosa! ;D