Il miracoloso bastone di San Canio
All’interno della cattedrale di Acerenza, riposa da secoli una reliquia dalle caratteristiche stupefacenti.
Ci siamo recati proprio lì, dove il santuario si erge imponente, in cima a quello che è annoverato tra i borghi più belli d’Italia, ed è attorniato da una vista che domina l’alta valle del Bradano.

Il nome di Acerenza porterebbe ad evocare pensieri legati al mitico fiume Acheron (Acheronte), un ramo dello Stige che in mitologia collegava il regno dei vivi a quello dei morti; quello in cui Caronte traghettava le anime.
Sono però altre, le suggestioni che ci hanno attirato in questo incantevole paesino della Basilicata. Innanzi tutto l’insolita simbologia che caratterizza la cripta sotterranea della cattedrale di Acerenza: essa contiene infatti riferimenti esoterici e misteriose rappresentazioni, relative ad un’intrigante pista che legherebbe i Ferrillo Balsa nientemeno che alla casata di Vlad III.
Sino a giungere ad un bastone, che ha fatto parlare molto di sé, lasciando più di una persona a bocca aperta.
San Canio
La cattedrale di Acerenza è intitolata a San Canio, santo protettore del paese.
San Canio, vescovo in Africa, venne arrestato, e brutalmente torturato, a Cartagine durante le persecuzioni ai cristiani nel III secolo d.c. Scampò alla decapitazione grazie ad inconsueti quanto provvidenziali fenomeni naturali che si verificarono d’improvviso: lampi, tuoni, saette, terremoti e tragedie.
La simultaneità di tali colpi di scena gli permise di fuggire in Italia, e lì proseguire nel compimento di miracoli.
In seguito alla morte naturale, i suoi resti vennero nascosti così da scongiurare rischi di profanazione, tranne il bastone pastorale, che giace sigillato in un altare in pietra, ed è visibile attraverso una finestrella.

Il mistero del miracoloso bastone di San Canio
Il bastone di San Canio, lungo circa un metro e mezzo, spesso 5 cm di diametro, poggia su un piano accidentato e ruvido, caratteristica che porterebbe a figurarselo come incastrato.
A detta dei fedeli però, il bastone si muoverebbe spontaneamente; a volte si avvicinerebbe abbastanza, quasi da poterlo toccare, altre rimarrebbe scostato, “inafferrabile” nel vero senso della parola.
Alcuni anomali spostamenti furono persino documentati da un notaio dell’epoca, Francesco Paolo Saluzzi, che descrisse gli eventi inspiegabili del maggio 1779.
Il più eclatante avvenne tra la notte del 30 e del 31, in cui constatò che il bastone rimaneva sollevato, in contrasto alle leggi della gravità. Si sparse immediatamente la voce; ai tempi non esistevano social, né telefonia, ma tramite il semplice passaparola, rapidamente in molti accorsero lassù ad osservare un siffatto mistero della scienza, tanto da formare una vera e propria folla.
Dopo circa tre ore, altrettanto miracolosamente, la reliquia di San Canio tornò a posarsi, di fronte agli sguardi allibiti dei prelati presenti.
Oggi, alla feritoia attraverso cui si scorge l’alloggiamento, hanno apposto un vetro. Ricorda un piccolo oblò. Ha dei fori, disposti a croce, che un pochettino invogliano ad infilarci le dita per richiamare a sè la reliquia. 😀

Il fattore che determinerebbe l’accostarsi o meno alla fessura da parte del miracoloso bastone, è la purezza di cuore di chi lo approccia; si sarebbe lasciato toccare da fedeli che si erano appena confessati. Nei libri visite della cattedrale, sono stati scritti ringraziamenti di visitatori che hanno dichiarato di aver assistito al miracolo.
La manna
Ma a proposito di miracoli, il bastone pastorale che si muove da solo, e addirittura si solleva, non è nemmeno l’unico! Alla cattedrale di Acerenza infatti si susseguirono periodi di fuoriuscita della cosiddetta “manna”, liquido dalle portentose proprietà curative.
Dal riferimento Biblico (libro dell’Esodo), in cui questa proveniva fisicamente dal cielo, deriva il detto “manna dal cielo”; nella circostanza legata a San Canio, è in senso figurato, poiché nei momenti in cui la si riusciva a raccogliere, ciò avveniva da un incavo dietro al sarcofago. Ogni 25 maggio veniva concesso ai fedeli, e questi vi imbevevano i propri fazzoletti.