Lemurinviaggio blog di viaggi

Helau!

A meno di doni piovuti dal cielo, c’è un viaggio per il quale siamo consapevoli non riusciremo probabilmente mai a spendere meno, e rappresenta una sorta di limite personale.
Al prezzo di due birre siamo atterrati a Francoforte, tramite una famosa compagnia low cost, che al contrario di adesso, un tempo vendeva biglietti anche a 4 euro.
Sia al gate di partenza, sia in volo, ci siamo ritrovati nei paraggi di una signora con due bambini al seguito, dalle indiscutibili velleità intestinali, tanto che sembravano una fabbrica ambulante di pannolini (usati). Ma a quel prezzo, chi se ne frega: ad andare fino in Germania in bicicletta sarebbe costato di più.

L’aeroporto di arrivo è un po’ scomodo, si trova a 120km dalla città e richiede una corsa un po’ lunghina in autobus. Ma anche in questo caso, chi se ne frega: di raggiungerla in autostop non ci pensiamo nemmeno.
L’hotel in cui abbiamo alloggiato, in inverno era decisamente in svendita; se in periodo di fiera applicano tariffe esorbitanti, soggiornandovi in bassissima stagione ce la siamo cavata con poco più di una trentina di euro a notte (4 stelle e mezzo). È vero che appena entrati in camera abbiamo trovato seminascosti dietro a un mobile, dei boxer da uomo (che sono sopravvissuti lì anche nei giorni a seguire), ma chi se ne frega: anche se la pulizia non è il massimo, a tariffa praticamente regalata possiamo pure coabitare con delle mutande non identificate, tanto non mordono.

Main-hattan, la big ebbel dell’Assia

La skyline della città è bellissima sia di giorno che di notte, e l’ideale è osservarla dalla parte opposta del fiume. La chiamano “Big ebbel” (in dialetto dell’Assia) poichè ricorda New York; essendo sul fiume Meno (“Main”) è soprannominata anche “Main-hattan”. A noi è sembrata anche un po’ Singapore, ma chi se ne frega se non le hanno dato un soprannome riferito anche a quello: è rilassante guardarla da ogni angolazione.

Francoforte

Anche dal tetto della Main Tower il panorama è molto bello. In cima c’è uno studio televisivo che trasmette le previsioni del tempo, e abbiamo incrociato anche il conduttore. Prima di salire, ai controlli di sicurezza, hanno considerato sospetto un rigonfiamento della mia giacca dovuto agli occhiali da sole, e una volta usciti fuori dall’ultimo piano tirava una discreta aria. Ma chi se ne frega: da lì si vede benissimo il grattacielo a forma di telefonino (Commerzbank Tower), il grattacielo della Bce (Eurotower), la € blu, e poi non siamo nemmeno volati di sotto.**

Cambio di piani

Percorrendo la strada dei musei notiamo strani suoni provenire da lontano. Invece di protrarre la visita al successivo, ci dirigiamo a piedi dove ci porta l’udito; mossi dalla curiosità, arriviamo sino a una serie di trattori e camioncini camuffati a festa.
Chi se ne frega dei musei: infatti sta inaspettatamente per incominciare una parata di carnevale, ci immergiamo prontamente nella folla cercando di intuire il percorso che faranno i carri.

Musica a palla, diversa per ogni carro che si sussegue; chi sullo scanzonato folkloristico, chi sul demenziale tipo oktober fest, chi sul tamarro cruccoso… Statuone ironiche in cartapesta di politici e sportivi, e poi majorette, bande musicali, ragazze pon-pon, e lancio di dolciumi.
Qualche signore nella ressa ha adottato una tecnica da navigato carnevaliere aprendo un ombrello alla rovescia e raccogliendo tutto ciò che ogni volta pioveva dai carri in parata. Ma chi se ne frega: non era prevista una cosa del genere e ci siam riempiti di caramelle e bandierine varie anche noi, tanto che non sapevamo più dove metterle.

Helau!

La parola che tutti si scambiano è “helau”, spesso accompagnata da un saluto col braccio.
Si tratta di un saluto di carnevale, che differisce da regione a regione; usarne uno attinente a un’altra regione (ad esempio “alaaf”) sarebbe motivo di imbarazzo… ma voi pensate che in tal caso ce ne sarebbe fregato qualcosa?
Perciò anche noi rispondevamo helau un po’ a tutti quelli che festosamente ci salutavano così, e anche questo contribuiva al clima di goliardia.
Tempo poi di mangiarci dei Frankfurter e dei Wiener nelle ottime bancarelle di strada, che una volta rientrati in hotel, guardando una tv locale, riconosciamo i carri della sfilata e i bizzarri travestimenti visti poco prima, mentre lentamente e rumorosamente si stanno spostando in altre aree della città, con un dinamico duo in telecronaca che fa tante battute simpatiche ma che non capiamo (chi se ne frega).

Dopodiché l’addio alle mutande, e il ritorno in Italia… Helau!

Carnevale a Francoforte

**dai grattacieli tedeschi mi ci butto (arriverà il post a riguardo).

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3 risposte

  1. Katja ha detto:

    Ma lo sai che Francoforte mi attira tantissimo? Ma non mi aspettavo che l’aeroporto fosse così distante dalla città! Il carnevale è sempre un momento di festa, ovunque si vada: nonostate signora puzzona, mutande dietro gli armadi e distanza dall’aeroporto … chissenefrega di tutto questo se poi si ha una bellissima (e divertente) esperienza? (Io ho sorriso tutto il tempo a leggervi!!!! 🙂 )

  2. Grazia ha detto:

    ahahaha ma perché le mutande proprio lì? Comunque purtroppo il prezzo del biglietto non è a garanzia di un’eventuale compagno di viaggio fastidioso (in questo caso puzzolente), quindi meglio che capiti quando lo paghiamo 4 euro che 250! Comunque ho dei familiari stretti che vivono in Germania, uno di loro lavora a Francoforte e non ho mai sentito del carnevale lì. La prossima volta che vado a trovarli cerco di far coincidere le date. Ps: Il signorre con l’ombrello: un grande!

    • Lemurinviaggio ha detto:

      A volte si fanno macabre scoperte…
      Nel nostro caso la “biancheria omaggio” non ci ha recato danni, ma non si sa mai. Chissà forse uno scherzo di carnevale da parte degli addetti alle pulizie? 😀
      Della festa ce ne avevano accennato prima di partire, ma ci siamo imbattuti nella parata casualmente, a saperlo ci dotavamo di ombrelli anche noi!

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