La Pompei del Nord
A poca distanza dalla costa Islandese, facilmente raggiungibile con un comodo traghetto, vi sono le isole Vestmannaeyjar. Un piccolo arcipelago di isole, in cui oggi, solo la più grande è abitata: Heimaey.
Nonostante l’isolamento potrebbe farla supporre come un luogo da sempre tranquillo, in realtà possiede un passato piuttosto burrascoso, anzi… per meglio dire, piroclastico.
Il raid turco alle Vestmannaeyjar
Nel 1627 non sfuggì al cosiddetto “Raid Turco”, in cui pirati Algerini sbarcarono, uccisero 34 abitanti tra chi cercava di opporre resistenza e chi era vecchio o malato, catturandone 234 per rivenderli in nord Africa al mercato degli schiavi. Fu proprio la conformazione della piccola isoletta a rendere impossibili nascondigli o fughe; cosa che era invece riuscita ad una parte del popolo Islandese che abitava in territori più vasti.
Tra le concubine fatte prigioniere, viene ricordata Guðríður Símonardóttir. Madre e moglie non ancora trentenne, dopo un decennio di schiavitù in Africa, venne riscattata dal re Danese Cristian IV, che all’epoca governava anche l’isola Islandese.
Questa, assieme ad alcuni altri schiavi che avevano avuto la fortuna di essere stati ricomprati dal loro re; venne infatti mandata in Danimarca (transitando anche per l’Italia) per ricevere una rieducazione. Venne assegnata allo studente di teologia Hallgrímur Pétursson, divenuto successivamente conosciuto per i suoi poemi. (Il nome della Hallgrímskirkja, l’iconica chiesa di Reykjavik ed edificio più alto della nazione, è proprio dedicato a lui).
Durante quel periodo i due si innamorarono e lei rimase incinta; Quando si spostarono in Islanda, vennero a sapere che il primo marito di lei nel frattempo era morto, e i due si sposarono.
Tuttavia la Tyrkja-Gudda (questo il suo soprannome, da non confondersi con Tyrkja-Gyðja, che avrebbe significato “Dea Turca”) non ha propriamente goduto di buona considerazione da parte di tutti; per via del passato “libertino”, per via anche dei 16 anni in più rispetto all’amante, e anche per il fatto che venisse considerata pagana.
(Se siete curiosi di sapere in che modo il popolo Islandese abbandonò il paganesimo per adottare il Cristianesimo, potete cliccare QUI, dove lo raccontiamo)

Improvvisa eruzione dell’Eldfell
Ciò che però ci ha spinto a trascorrere una giornata in quel posto è un evento più tangibile, al punto che ancora oggi sono chiaramente visibili gli effetti; ovvero l’improvvisa eruzione vulcanica che il 23 gennaio 1973, con minimi segni che la lasciassero presagire, costrinse gli abitanti all’evacuazione totale.
Furono cruciali, in reazione a una catastrofe del genere, un piano già predisposto per evenienze simili, ed il fatto che per via del maltempo precedente, l’intera flotta di navi da pesca fosse ferma in porto (e quindi a disposizione).
Ai suoni delle sirene infatti, i 5300 abitanti si precipitarono con pochi averi, in un punto di raccolta al porto. Anziani e malati furono i primi a lasciare l’isola, per via aerea fintanto che questa non ne vedesse compromesso il suo l’utilizzo; gli altri intanto affollavano le navi che facevano la spola a massima portata. Nel giro di 6 ore, tutti erano al sicuro in terraferma, ospitati da parenti, o da estranei; solo qualcuno era rimasto nell’isola per tenere sotto controllo gli eventi e portare avanti mansioni di base. Mucche, cavalli e pecore, vennero macellati.
Battaglia contro la lava
In quelle settimane i flutti di lava tendevano pericolosamente verso il porto, di fatto centro vitale dell’insediamento, la cui distruzione avrebbe definitivamente pregiudicato il futuro dell’isola. Tale evenienza fu scongiurata pompando la fredda acqua di mare contro l’avanzata lavica, riuscendo a solidificarla e a salvare quella parte di isola.
Il depositarsi della lava ha formato un cono di 220 metri, che oggi prende il nome di “Eldfell” (montagna di fuoco); ma questa è comunque riuscita a ricoprire un terzo dell’isola e distruggere oltre 400 abitazioni… non a caso è definita la Pompei del nord.
Gli abitanti, a fine estate di quell’anno, incominciarono a tornare e avviarono la ricostruzione della loro città grazie anche ad aiuti esteri. Sfruttarono il calore emanato dalla lava per generare energia e riscaldamento, ed usarono la tefrite, ovvero le ceneri vulcaniche solidificate, per estendere la pista dell’aeroportino dell’isola e come terrapieno su cui costruire 200 nuove abitazioni.

I campi di lava ad Heimaey
Noi l’abbiamo girovagata a piedi, il paesino è minuscolo, se ne esce subito.
I campi di lava sono differenti dagli altri che abbiamo visto in Islanda innanzi tutto perchè sono molto recenti, e secondo perchè sotto vi si troverebbero abitazioni e strade!
Infatti camminandoci sopra, ci si trova praticamente in una sorta di mini-altopiano di alcuni metri sopra al livello stradale (sia attuale che dell’epoca). Si vedono cartelli che indicano i nomi delle vie e delle case nei punti in cui approssimativamente queste si trovavano prima di essere sepolte, con anche il nome della famiglia e dei suoi componenti… Gente che presumibilmente ha perso tutto.
Forse è più impressionante, in un’altra zona dell’isola, vedere quelle case che sono semi-ricoperte, di fatto il nuovo inquilino che le abita è la natura. Nella tipologia precedente, la fantasia e i paletti ti facevano immaginare cosa ci fosse sotto quel terreno scuro che stavi calpestando; ma in quest’altra dove la lava è arrivata a sommergere solo parzialmente alcuni edifici, quindi non digerendo tutto, vedi pareti e finestre fuoriuscire dal magma solidificato.


Corsa finale contro il tempo
Verso alla fine della nostra visita dovevamo affrettarci per prendere il traghetto del ritorno, e abbiamo “tagliato” tirando dritto in vialetti ciechi che finivano, passando in mezzo a giardini non recintati, accelerando il passo, e dove serviva, attraversando qualche campo incolto. In pratica abbiamo seguito la direzione diretta, indipendentemente dal terreno: ad un certo punto ci siamo ritrovati pure ad attraversare un campo da golf! A lunga distanza dei giocatori ci hanno fatto dei segnali, effettivamente una pallina in testa non deve essere il massimo…
Diverso è correre al porto per non perdere l’ultimo traghetto di ritorno, dal correre al porto in seguito ad un evacuazione per calamità naturale in corso. Tuttavia negli ultimi minuti, la concitazione e la stanchezza si sono fatte sentire: dopo un intera giornata trascorsa a camminare ovunque, Lemu Rina ha fatto il suo primo capitombolo in terra vichinga, proprio a pochissimi metri dall’arrivo!
La colpa non è da imputarsi ad alcuna eruzione, nè a un troll, bensì ad un tombino mal assestato…
I troll si son fatti notare nei giorni a seguire 😉
Sono sempre super interessanti i tuoi articoli e pieni di aneddoti curiosi! Ti leggo sempre con piacere! Buona giornata!
Grazie mille ci fa super piacere ! Stay lemur ! 😉
Wow, che storia!!! Vedere la case quasi coperte dalla lava deve essere stata un’esperienza incredibile, e pensare che è così recente fa ancora di più venire i brividi!
Come ti dicevo, l’Islanda è sulla mia lista dei desideri! 🙂
Assolutamente sì, considerando poi che il cratere che si è formato sta laggiù in bella vista; anche se sta “dormendo”, la sua riverenza la incute comunque, specie sapendo cos’è riuscito a combinare qualche tempo fa….
L’Islanda ci sentiamo assolutamente di consigliarla , tra l’altro non vediamo l’ora di tornarci!
Una bianca algida islandese venduta come schiava in Africa. Transitata poi dall’Italia per unirsi a un danese (non un biscotto, non una razza canina) per terminare i suoi giorni in patria da dissoluta “dea turca”.
Neanche la più sovversiva fiction mediaset sarebbe arrivata a tanto! 😛
Un tombino? Mhh…sicuro che LemuRina non abbia inciampato nella propria coda cerchiata?
Ragazzi raccontateci ancora dell’Islanda! 😉
Effettivamente tutte queste peripezie potrebbero collocarla in un nuovo genere televisivo: SUBVERSIVE SOAP! 😀
Quella codona è bellissima , ma quando si va di fretta è un pochino d’intralcio.
Fra qualche giorno allora, un altro articolo sull’Islanda! 😀
Le ultime foto sono davvero impressionanti. Pensare di camminare praticamente sopra quello che fino a pochi decenni fa era un paese dev’essere un’esperienza strana, e assolutamente unica! Non conoscevo la storia della “dea” (siamo sicuri si, che la chiamassero proprio dea?) turca, bell’articolo!
Esatto, fa impressione saperlo risalente a pochi anni prima, e non a epoche storiche del passato! Particolari semi-integri di case che spuntano fuori , ricordano proprio come questa “archeologia” sotterrata sia recente.
Per quanto riguarda il soprannome, c’è una certa assonanza che può trarre in inganno.
L’islanda è una terra troppo affascinante 🙂 Da altre parti sull’isola ho visto enormi lingue di lava e possiamo solo immaginare come deve essere trovarsi a scappare dal loro avanzare
Chissà com’è vivere vicino ad un vulcano , o in generale, in luoghi esposti a possibili cataclismi. Dev’essere come avere una spada di Damocle, appesa lì, sopra la testa, e domandarsi se…. o quando cadrà ferendo qualcuno. Decisamente non l’ideale per chi è apprensivo 🙂
Wow, che storia! L’Islanda è una sorpresa dietro l’altra. Deve essere suggestivo camminare sopra le rovine del paese.
Per noi visitatori dell’isola, l’effetto è assai strano, pensando che le abitazioni sepolte lì sotto sono praticamente contemporanee. Noi ci siamo domandati per chi ha ricostruito la propria casa poco più in là, che cosa possa rappresentare camminare su quella distesa… magari si ricorda di come era una volta, quando abitava dove ora è stato tutto ricoperto dal vulcano, oppure pensa a tutto ciò che ha lasciato lì sotto, dovendo scappare per l’evacuazione con il minimo indispensabile.
Articolo molto interessante, è un piacere leggere e scoprire nuove cose 🙂
Non si finisce mai di imparare …. e di esplorare! ^_-
Che bella storia! Mi affascinano i posti dove la natura cerca di riappropriarsi dei suoi spazi. Magnifico posto!
Anche noi subiamo il fascino che tempo e natura esercitano su certi luoghi. Di solito la natura si riappropria dei suoi spazi quando è l’uomo ad abbandonarli…. ma in questo caso se li è proprio ripresi di forza!
Ma no! Il capitombolo finale è una vera ingiustizia, eravate praticamente arrivati!
Affascinante la storia di questa Pompei del Nord, soprattutto pensando al sostanziale lieto fine. Non si può dire che gli islandesi non abbiano saputo risorgere dalle proprie ceneri, sfruttando in maniera positiva un evento che poteva aver esiti molto peggiori!
Claudia B.
Ore e ore in giro, anche su terreni impervi, per poi venire beffati sugli ultimissimi metri! 😀
La tempra di quella gente è straordinaria…. forgiata nel fuoco!
Mentre leggevo il post pensavo che sono stati iper organizzati e che hanno un incredibile capacità di ricostruirsi, non solo, non hanno abbandonato le loro radici e sono veramente coraggiosi per aver rimesso piede in un luogo devastato da un vicino così incombente!
Veramente da ammirare. Hanno difeso la loro terra come hanno potuto e hanno ricostruito la loro isola, che amano nonostante la convivenza con un vulcano che mette soggezione.
Altri probabilmente avrebbero trovato più semplice abbandonarla e trasferirsi altrove.