Garello, cavaliere di re Artù, sconosciuto ai più
Quanti conoscono la storia di Garello di Villafiorita, eroe della saga di re Artù?
Ne fa menzione un racconto risalente al XIII secolo, che abbiamo ripercorso a Castel Roncolo (Bolzano).
All’interno del castello infatti, una sala contiene l’unica trasposizione pittorica esistente; anticamente era costituita da una ventina di scene affrescate, tre di queste sono andate perdute a causa di un crollo, e due sono state trasferite nella sala a fianco.
Ciò rappresenta un importante lascito che ha permesso, insieme ai frammenti di un paio di manoscritti, una ricostruzione del corrispondente ciclo arturiano.

La missione di Garello di Villafiorita
Tutto incomincia con il rapimento di Ginevra, la moglie del re, a Dinazarun, una delle corti di Artù.
Ne fa seguito l’arrivo di Karabin, un gigante in armatura, che consegna a re Artù la dichiarazione di guerra da parte di re Ekunaver; ce l’aveva con lui per un suo presunto coinvolgimento nella morte del padre.
È qui, che a bordo di un Garelli d’epoca… pardon, in groppa ad un cavallo, entra in scena il prode Garello di Villafiorita, smarmittante (con miscela rigorosamente al 2%) ed intento ad inseguire il gigante.
Il suo compito sarà quello di intraprendere una spedizione per acquisire informazioni sul regno nemico, arruolare cavalieri che lo aiutino a sconfiggere re Ekunaver, salvare Ginevra… e perché no, nel mentre preparare anche qualche caffè macchiato, risolvere un sistema di equazioni differenziali con una benda sugli occhi, e vincere X-Factor.

Garello sconfigge Gerhart e Gilan
Garello è altresì noto in quanto cugino di Parsifal, o forse no, probabilmente lo stesso nessuno sa chi sia, e se ne continua ad ignorare bellamente l’esistenza… Ma bando agli orpelli! Il prode affronta il primo avversario di siffatta arturiana avventura: il conte Gerhart.
Lo batte agevolmente (come si suol dire “con un filo di gas”), sbalzandolo da cavallo grazie ad una stoccata da campione; Gerhart si unirà al vincitore, portando con sé i propri uomini.
Nel suo vagar per lande Garello si ritrova ingaggiato poi in un combattimento con un cavaliere di nome Gilan. Una lunga e dura battaglia lo vede nuovamente vincitore, e gli vale, come in precedenza nuovi seguaci allorquando il nostro eroe si sarà offerto di reciprocarne l’aiuto.
La tenzone era infatti insorta a causa di un malinteso: Gilan aveva erroneamente scambiato Garello per il suo nemico, l’odiato duca Eskilabon, colui che teneva prigionieri i suoi nipoti.
Al castello di Belamunt contro il duca Eskilabon
Il gruppo di prodi si reca allora al castello Belamunt, laddove una moltitudine di cavalieri è tenuta in cattività.
Il duca Eskilabon batteva a duello ed imprigionava chiunque avesse ambìto alla mano della sorella Flordiana, o che avesse colto un fiore dal giardino di cui egli era a guardia… imprese fra loro alquanto distinte ma che, medievaleggiantisticamente parlando, ci sembrano quasi una la metafora dell’altra.
Dunque: solamente chi, avesse sfidato il duca e fosse stato in grado di sconfiggerlo, avrebbe conquistato l’illibata pulzella, ovvero la tanto bramata sorella; tuttavia nel caso specifico della combriccola di Garello, le mire di tale gesta sono meramente al sol fine di ottenere la libertà degli arditi e sventurati predecessori.
Cara Flordiana, ci dispiace ma, pure la volta buona che qualcuno riesce a “vincerti”, finisce che di nuovo non batti chiodo.
Un affresco conservato a Castel Roncolo (schloss Runkelstein) raffigura la riuscita del salvataggio: si scorge Garello brandire la spada intento ad abbattere il portone.
Il valoroso cavaliere lascerà salva la vita al maramaldeggiante Eskilabon in cambio del suo arruolamento, e sconfiggerà pure i giganti, un tantinello marrani, Purdan e Fidegart che tenevano in schiavitù i nani.
I nani per riconoscenza gli doneranno un anello e una spada che lo rendono invincibile.
Preludio al botto finale
In seguito la compagine, sempre più allargata e sempre più motivata, si accampa in attesa di quello che sarà lo scontro finale contro il re Ekunaver.
La rappresentazione della feroce mischia che ne esprime caos ed enfasi, si confà al rocambolesco epilogo.

Evviva! La missione è stata compiuta con onore; e persino con una certa celerità, dato che successivamente si vede giungere Artù con il suo esercito, pronto a dare manforte, ma che praticamente non muoverà spada poiché la salvezza di Ginevra e del regno sono già state assicurate dall’esercito dell’impennante Garello. Ed il tutto senza beccare nemmeno un autovelox!
Chi si ricorda dei classici finali delle avventure di Asterix ed Obelix in cui al rientro dei vincitori si festeggiava in amabile compagnia, banchettando tra luculliane prelibatezze e pasciuti musicanti?
Ebbene, anche in quel di Camelot non sono da meno, grazie ad una amena “organizzazione Lancillotto” che nulla ha da invidiare alle migliori “organizzazione Filini” di fantozziana memoria.
Un dipinto emozionante a Castel Roncolo mostra la mitica tavola rotonda in una delle sue rappresentazioni più antiche. Si distingue la figura di Artù con la corona, sotto ad un albero, e a fianco a lui, nel posto d’onore alla sua destra, Garello, l’eroe protagonista della favella.

Regnanti e regnati, felici e contenti
Il lieto fine ci proietta su un Garello di Vallefiorita che, scortato da cavalieri, galoppa sfrizionante in direzione del castello Muntrogin dove ad attenderlo c’è Laudimia, la sua donzella.
Va ricordato che tra un’incombenza e l’altra, la aveva in precedenza salvata dal mostro marino Vulganus, mezzo cavallo e mezzo uomo, dotato di testa di Gorgone capace di tramutare le persone in pietra.
Insomma, è proprio una garanzia! Nonostante un’agenda piuttosto zeppa di peripezie, l’audace Garello, alla stregua dei moderni supereroi, trova sempre tempo per l’impresa.
Fu così che sposò Laudimia, e divenne re di Averre, venendo ricordato come re dal cuore nobile e generoso.

P.S. Qualcuno fra i lettori, ha per caso un amico da presentare a Flordiana? …