Dentro il Palazzo Fantasma
C’è un posto che i Balinesi evitano nella maniera più assoluta.
Il cosiddetto Ghost Palace di Bali. Sebbene non sia mai ufficialmente esistito, avrebbe un nome: PI Bedugul Taman Rekreasi Hotel and Resort.
Non ha mai visto la luce, ma c’è; è ben visibile dalla strada, sia da sotto, sia da sopra. Nel traffico quotidiano chissà quante persone ci passano davanti, forse ignorandolo, forse immaginando cosa (o chi) ci sia dentro, magari non vedendo l’ora di trovarsi già a qualche centinaio di metri più avanti così da non rimanervi più a cospetto… Ma il ghost palace è lì, enorme, padrone di quel versante della collina.
Ci hanno detto che i taxisti non osano nemmeno sostarci davanti, e guarda caso, quando lo abbiamo trovato, nonostante lo spazio, nelle vicinanze non c’erano veicoli parcheggiati; solo qualcuno molto più in giù nella strada che prosegue in una ripida discesa.
L’area non è aperta al pubblico, ma pagando un “biglietto”… lo è.
Benvenuti al Ghost Palace di Bali!
È un hotel/resort che, prossimo al completamento, non è mai stato terminato. Miriadi di stanze, sale, ed elementi architettonici, rimasti a contorno di un vuoto quasi totale.
Nell’esatto momento in cui si scavalca ufficiosamente l’angusto varco aperto dal “custode” e si poggia piede nel cortile antistante, si percepisce immediatamente una strana atmosfera, come se si fosse osservati.
Al nostro passaggio l’uomo pronuncia una frase nella sua lingua, ma risucchiato dallo scenario che ho di fronte, quasi non me ne rendo conto. Percorro alcuni passi, poi mi blocco.
Mi balzano alla mente le tante superstizioni locali, ritorno indietro, e gli chiedo di tradurmi cosa abbia detto. Mi risponde di averci appena dato il benvenuto.
A differenza di omologhi nostrani, al ghost palace di Bali non risiede nessuno, non ci sono squatter o simili. È disabitato.
La cosa assurda, che ha dell’irreale, è che posti del genere normalmente sono vandalizzati e hanno evidenti segni di distruzione per opera umana… ma qui, a distanza di tanti anni, persino i vetri sono intatti!
Non c’è tempo per farsi mettere in soggezione dall’edificio, sono quasi le 17:00 e molto rapidamente farà buio. Circostanza che non auspichiamo nel guidare poi al ritorno in appartamento, e ancor meno nel cercare l’uscita di un labirinto come questo.
Esplorazione
Percorsi i primissimi metri al suo interno, ci si imbatte in delle fasce gialle tese, come quelle usate dalla polizia sulla scena di un crimine. Non circoscrivono il corpo del delitto, ma una porzione di pavimento che contiene un pregevole marmo.
Dopodiché approdiamo in quella che sarebbe stata la reception principale. Notiamo dei bellissimi bassorilievi sulla parete.
Ci spostiamo velocemente, abbiamo perso del tempo all’inizio per sistemare telecamera, macchine fotografiche e torce, per cui ci permettiamo solo qualche occhiata, impazienti di addentrarci ulteriormente…
Ci ripromettiamo di rifare quella parte, in un secondo momento. (N.d.a poi invece, non la rifaremo).
Capiamo subito che il posto è grandissimo, e visitate alcune stanze adiacenti, dobbiamo ad un certo punto stabilire su due piedi una sorta di criterio da seguire, pur non sapendo quanto, come, dove visitare.
Si va verso l’alto o verso il basso?
Resort “abbandonati”
Vedere questo enorme resort quasi completo, ma del tutto vuoto, porta a chiedersi cosa possa mai essere successo.
Non si sa quasi nulla in merito. Una delle storie che riguardano il ghost palace di Bali, lo vedrebbe abitato dagli spiriti dei lavoratori che avrebbero perso la vita nella fase della sua costruzione.
I più superstiziosi invece, raccontano di una fantomatica notte prima dell’inaugurazione, con tanto di mobilia e dipendenti pronti all’apertura, e poi puff… tutto e tutti improvvisamente scomparsi.
Lungo un tratto di uno scuro corridoio in un piano sottostante, avverto un odore simile a marijuana. Consapevoli del fatto che posti abbandonati, dove non va nessuno, siano l’ideale per chi vuole consumare senza essere disturbato, setacciamo con attenzione i dintorni, ma non ci sono tracce di attività simili, nè presenze di altre persone. Il posto sembra completamente disabitato, nessuno fuma e ci siamo solo noi.
La spiegazione di quell’odore l’abbiamo avuta giorni dopo, in un altro resort, che ironicamente potremmo definire, a sua volta, “abbandonato”. (Fra poco comunque, risulterà chiaro).
Enorme ed intoccato
Esploriamo sequenze di stanze, percorriamo corridoi, con celerità. In poco più di un’ora vogliamo cercare di coprire il più possibile del Ghost palace di Bali.
Usciamo in terrazzoni panoramici stupendi, rientriamo reintrufolandoci da altre stanze, osserviamo come la vegetazione si stia lentamente riprendendo il luogo, e con essa prestiamo attenzione a non imbatterci in ospiti quali ragni e serpenti.
Questo angolo di Indonesia, è casa loro.

La proprietà sembra avere cinque livelli in superficie, più un seminterrato, il tutto in lunghe estensioni che risalgono la collina. Più si sale e più le camere sono spaziose, comprendiamo che si tratta delle suite.
La quasi totale mancanza di spray e scarabocchi nei muri rende surreale la nostra esplorazione, la struttura lotta esclusivamente contro il tempo e la natura; le tracce umane sono veramente poche.
Curiosando anche nei suoi ambienti più nascosti, non riusciamo a raffigurarcelo come un cantiere, non ne ha l’aria; non ha impalcature o parti provvisorie. I suoi infissi, pavimenti, marmi, sanitari (alcuni lavandini in granito rosso), controsoffitti, vetrate, ed altre rifiniture, dimostrano quanto fosse arrivato vicinissimo alla sua ultimazione. Iniziava ad avere una sua connotazione ben precisa, una sua anima.
Perchè questi saloni sono rimasti deserti, cosa ha impedito a queste sale ristorante, sale da ballo, sale riunioni, di riempirsi?
Il congelamento
Una delle ipotesi che viene data alla brusca interruzione di un progetto di tale portata, si rifarebbe al mercato immobiliare post 2002, a fronte di previsioni di un potenziale calo turistico.
Infatti proprio un anno, un mese e un giorno, dopo il dramma dell’11 settembre, anche Bali subì un attentato terroristico.
In una zona molto frequentata di Kuta, vennero uccisi centinaia di turisti per mezzo di una bomba contenuta nello zaino di un kamikaze, e di un’altra piazzata in una macchina.
Fra le conseguenze che simili gesti efferati si portano dietro, c’è anche il successivo impatto su turismo ed investimenti.
Tuttavia, secondo la gente del posto, la causa del blocco sarebbe legata piuttosto al proprietario: questi sarebbe stato maledetto per via delle sue pratiche finanziarie disoneste e corrotte, cosa che lo avrebbe poi mandato in bancarotta e indotto ad abbandonare la prosecuzione della costruzione.
C’è addirittura chi, seguendo una pista analoga, arriverebbe a coinvolgere pure Tommy Suharto, Il figlio più giovane del presidente e dittatore Indonesiano, il generale Suharto.
Nel 2002 Tommy venne condannato a 15 anni di carcere (scampando la pena di morte), per aver assoldato un sicario e ordinato l’omicidio di un giudice della corte suprema Indonesiana che lo stava incriminando per altri loschi traffici. Scontò solamente alcuni anni di quella pena.
Vien da pensare che eventuali coinvolgimenti con questo edificio, siano fra i segreti meno inquietanti che lo riguardano.
Per quanto l’hotel si profilasse come di alto livello, non è comunque detto appartenesse all’elite Indonesiana; c’è anche chi sostiene che dietro al ghost palace di Bali ci fossero finanziatori cinesi, e che sia stato lasciato a sè stesso da ancor prima, ovvero intorno alla fine degli anni ’90.
E se volessimo escludere ragioni economiche, che cosa allora, non andò come doveva? Potrebbero aver improvvisamente revocato i permessi di costruzione per delle irregolarità? Magari legate ai frequenti terremoti della zona? Oppure potrebbero aver ricevuto minacce da qualcuno?
È pazzesco come si stia parlando di anni recenti, non di preistoria, e non se ne sappia nulla!

In ogni caso, quel faraonico investimento, secondo noi non avrebbe avuto rivali. Nelle montagne balinesi non c’è nulla di simile. A Bedugul c’è qualche alloggio, ma nessuno sontuoso come ciò che sarebbe diventato il PI Bedugul Taman Rekreasi Hotel and Resort, la cui magnificenza è intuibile anche nella sua incompletezza, al di sotto di muschio e polvere.
L’arte locale è ripresa in tanti elementi esterni, il cui stile è riscontrabile nei tetti esotici, nei tipici gazebo orientali, nelle suggestive statue di dragoni che impreziosiscono giardini, piscine e fontane.
Di fronte a sé, un panorama mozzafiato.
Lasciamo andare lo sguardo oltre la fitta vegetazione che tappezza a perdita d’occhio i dintorni. Non riusciamo però a scorgere il monte Agung, sacro in quanto considerato una replica del mitologico monte Meru, l’asse centrale degli universi nella cosmologia induista e buddhista.

Spostamenti
Al suo interno è facile perdere l’orientamento. Mentalmente teniamo il conto del piano in cui ci troviamo, e regolarmente guardiamo all’esterno per comprendere in che direzione ci stiamo spostando.
Alcuni piani si somigliano moltissimo, prestiamo allora maggiore attenzione ad alcune peculiarità: in uno c’è una bottiglia d’acqua lasciata da qualcuno su un bancone, in un altro un muro completamente costellato di pedate-autografo, qualsiasi punto di riferimento è utile per capire se si era già passati da lì o meno. Da sporadiche sortite in terrazze esterne ricaviamo una visione d’insieme, ricapitoliamo i settori già fatti, e proseguiamo.
(Chissà se qualche pazzoide ha mai contato tutte le stanze di un posto così grande).
Quando temporaneamente ci dividiamo, manteniamo un contatto vocale, per orientare l’altro al ricongiungimento. È un complesso talmente esteso che si può anche smarrire il compagno di avventura.
Grazie alle torce riusciamo ad accedere ad aree della struttura in cui non filtra alcuna luce.
Un pipistrello si accorge di noi e svolazza.
È proprio muovendoci in una ampia area buia, che abbiamo l’impressione di camminare sopra una sorta di tappeto o di moquette; ed invece è sabbia! Siamo in montagna ma un terriccio fine è riuscito a filtrare in parte di quel piano, creando uno strato di qualche centimetro.
In altre stanze invece, i centimetri sono d’acqua, pervase da pozzangheroni invalicabili. (Sempre occhio a dove si mettono i piedi!)
Se consideriamo che l’aria, l’abbiamo trovata sotto forma di vento in alcune parti esposte ai piani alti, per completare i quattro elementi ci sarebbe voluta una stanza di fuoco! (Non c’era. Meglio così).
Dentro al ghost palace di Bali, la mobilia è assente ovunque, tranne in una stanza in cui c’è un grosso tavolo, e nell’angolo di un’altra, una anonima sedia.
Ad un certo punto però, svoltando uno dei corridoi, fa la sua inaspettata comparsa un oggetto che non avremmo mai immaginato di “incontrare”…
Pare una specie di mascherona/idolo in legno. Rimaniamo per qualche momento interdetti di fronte al suo sguardo. Chi è? Che ci fa proprio lì?!? Basterà da solo a tenere lontani gli spiriti maligni?

Non siamo soli
Secondo le superstizioni, è in luoghi lasciati a loro stessi, proprio come questo, che gli spiriti amerebbero ritrovarsi; edifici che non ricevono le quotidiane offerte rituali (contenute in piccoli cestini di foglie intrecciate, e chiamate “Canang Sari”), come ne abbiamo viste dappertutto, in case, negozi, ristoranti, scuole, ecc…
Chi crede dunque, evita luoghi abbandonati, a maggior ragione se tetri e misteriosi, così da non rischiare di venire attaccato o infestato da entità malevole (tra cui i butha e i kala).
Sentiamo voci.
Altre persone, si stanno a loro volta districando fra le ombre di questo “palazzo fantasma”. Sono occidentali ovviamente.
Se ne stanno andando, e a breve faremo altrettanto. In effetti arriva il buio, e nessuno vorrebbe prenotare una notte in questo resort che mai ha avuto ospiti… o forse sì?
Con il fiato sul collo ci avventuriamo per qualche altro minuto; oramai non c’è più tempo, le incursioni conclusive si trasformano quasi in dei blitz.
Emergiamo all’aperto nella parte più elevata del complesso.
Una delle ultimissime occasioni per ammirare il contrasto fra il panorama circostante e questo silenzioso alveare di stanze.
Siamo sbucati nel terrazzamento più alto, che è collegato ad un passaggio esterno agibile, il che significa che da lì, nel giro di un paio di minuti al massimo, dovrebbe essere possibile ritornare al punto di partenza.
Attraversiamo gli imponenti piloni simmetrici di un portale indonesiano (Candi Bentar), e discendiamo un’ampia scalinata esterna attorniata da naga (draghi/serpente) e da una vegetazione che se li vorrebbe fagocitare, annegando tutto nel suo incolto verde.
Sfilando il palazzo fantasma da un suo fianco esterno, persistiamo a scrutarne ancora i piccoli scorci interni da lì visibili.
È ironico come ci abbia voluto regalare un’uscita così semplice ed immediata, dopo tutta la sudata fatta nel girovagarcelo in lungo e in largo.
Ora siamo noi ad abbandonarlo. Ci ha mostrato una parte di ciò che racchiude, e ciò che sarebbe potuto diventare, per poi riservarci una passerella finale… al tramonto.

Canna gate
Come poc’anzi accennato, ci è capitato qualche giorno dopo, di alloggiare per un paio di notti in un vasto resort collinare, ben più inquietante di questo.
Funzionante ma completamente disabitato, se non fosse stato per noi due, e lo staff.
A seguito delle pulizie previste, ritornando nel nostro bungalow, abbiamo notato un pungente odore di marijuana in bagno.
Stavamo quasi arrivando a pensar male del tizio delle pulizie. Ma che senso aveva, con tutti i bagni disabitati, venirsi a fare una canna proprio nell’unico con clienti? Con tantissimi semi-nascondigli a disposizione in tutto un resort dove non gira anima viva, sarebbe davvero stato l’ultimo posto al mondo!
Dopo indagini olfattive, abbiamo circoscritto un paio di macchie in rilievo nella vasca, e una volta rimosse, l’odore è sparito. Sembrava qualcosa di gocciolato, proveniente dalle travi del rustico soffitto in stile Balinese.
Ed infatti, abbiamo scoperto il colpevole: un iguana che ha lasciato il ricordino.
Non pago dello scherno, a luci spente, di notte, si è pure messo a farci dei versi!
Successivamente, anche in un boschetto vicino al tempio Goa Lawah abbiamo di nuovo sentito quello stesso odore.
Dunque nei corridoi del ghost palace di Bali, non si aggiravano fumatori incalliti, ma solo iguana lassativi!
Epilogo (forse)
Tornati in appartamento dal ghost palace, stoppo una applicazione che avevo attivato un paio di ore prima insieme al GPS, allo scopo di monitorare i nostri movimenti; ma mi accorgo che nelle due ore in cui ha “registrato”, non ha funzionato nulla. Forse la posizione del palazzo rispetto alla collina, o i suoi muri, non hanno fatto prendere il segnale, forse un mio errore, o forse qualche malfunzionamento software. (In questo caso Tommy Suharto è scagionabile).
Quasi quasi, sarebbe da tornarci… chi viene a farci un giro con noi? 😉

Ma verrei immediatamente! Anche con l’iguana tossico e costipato. E’ un luogo con un fascino incredibile. Me lo segno, qualora mi capitasse di tornare in Indonesia.
Grande! Per alcuni giorni non abbiamo proprio saputo spiegarci quell’odore al ghost palace. Così intenso, faceva presupporre che fosse stato appena fumato/bruciato qualcosa, ma non c’era proprio nessun segno.
Ed invece… a risentirlo in altre occasioni altrove, siamo riusciti a scoprire chi è l’autore.
Un luogo un po’inquietante, ma noi subito! Fiammetta ha proprio la passione per i luoghi abbandonati e questo sarebbe un vero divertimento! Bravi lemuri, le vostre storie non sono mai scontate!!!
Grazie! È una passione che ti porta ad avventurarti proprio dappertutto. Questo posto in particolare poi, è molto grande, avendo avuto tempo ci saremmo stati di più.
Il genere di incursione che adoro! Prima o poi mi becco una denuncia per violazione di suolo privato o peggio…rischio di farmi male 😉 E’ veramente incredibile che addirittura il marmo pregiato resti lì intatto e protetto da un semplice nastro giallo! Ma scuri che era un benvenuto la frase di quel tizio? Per quanto mi riguarda bellissimo pezzo!
Comunque ho provato a pronunciare quella formula che voi avete abilmente nascosto nel testo: terriccioacquaariafuoco
e all’improvviso PUFF sono scomparsa anch’io… 😛
Vi saluto Lemuri, buon Halloween!
Grazie Orsa!
A ripensarci bene chissà se ce l’ha detta/tradotta giusta! Per il modo in cui l’ha detto, non siamo sicuri fosse veramente un benvenuto… anche perchè prima ci eravamo scambiati alcune frasi in inglese, ed è stato un po’ strano.
La superstizione del posto sta in un certo senso “proteggendo” quel luogo, che viene per lo più esplorato da qualche non-Indonesiano, quindi da parte di chi si limita a guardare e scattare foto, senza sentire la necessità di asportare marmi, sanitari, rame o affini, o quella di distruggere l’ambiente, come purtroppo comunemente avviene in giro.