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La biblioteca Gambalunga e la porta segreta

È sorprendente pensare quanto possa differire il mondo che giace, oltre la parete che si ha di fronte.
Dal tuo lato, immerso nel sacro silenzio della biblioteca, fissi distrattamente quel muro, durante sporadici istanti di evasione dalle pagine che stai studiando; dall’altro, all’interno di ampi saloni bui, polverosi volumi impilati su scaffali d’epoca, ricordano e custodiscono storie antiche.
Alla biblioteca Gambalunga di Rimini, abbiamo varcato quella parete.

Biblioteca Gambalunga di Rimini

Il sapere era un lusso

Sono oramai trascorsi quattro secoli, da quando nel 1619 la biblioteca nacque contestualmente ad una donazione di Alessandro Gambalunga.
Il lascito fu di circa 1500 libri, tutti stampati; collezione piuttosto innovativa se si pensa che in quegli anni i testi erano ancora per lo più manoscritti.
Le rilegature personalizzate, recavano l’emblema di famiglia, una sorta di “logo” dei tempi odierni; quello dei Gambalunga era assai eloquente: una lunga gamba nuda cinta da fascia con sopra una stella cometa ed una luna.
Si trattava di materiale prezioso: una rilegatura poteva arrivare a costare “da due cosce di prosciutto, fino a qualche acro di terreno”.

Gambalunga non aveva figli, fece testamento affinché questo suo patrimonio non si disperdesse fra gli eredi; negli anni a seguire, ci furono comunque dispute con il comune sia per il palazzo, sia per il patrimonio contenuto.
Scrisse anche un regolamento per l’accesso, con tanto di condanna divina a chi avesse asportato illegalmente dei libri; oltre, ovviamente, all’applicazione di una multa al trasgressore da reinvestire poi nell’ampliamento della collezione di testi.
L’anatema inciso su una lastra ancor oggi visibile, esprime quanto espressamente richiesto nel testamento.

visita guidata alla Biblioteca di via Gambalunga
gufata divina a chi avesse asportato, o lasciato asportare, libri

Fu la prima biblioteca civica e pubblica d’Italia. Di biblioteche monastiche che fossero pubbliche già ce n’erano, ma non del comune.

Accedere ai testi non era per tutti. Che fosse per via del ceto sociale, o per la mancanza di istruzione, assimilare il contenuto dei libri era difficoltoso.
Curiosamente, l’opinione che Gambalunga aveva di coloro che “potevano”, non era certo lusinghiera; lui, (laureato in diritto civile e canonico, non per esercitare la professione, ma per fregio personale), reputava i nobili riminesi vagabondi ed ignoranti.

Le sale antiche

Una volta al mese, su prenotazione, è possibile accedere a tre sale seicentesche ed una settecentesca, oltrepassando la sopracitata parete.
Il mondo che si apre, tra l’odore di libri antichi e l’atmosfera di conoscenza, è fortemente suggestivo.

Risaltano mobili in noce, mappamondi in legno dell’antichista des Vergers, ed il banco del bibliotecario, ruolo del quale Gambalunga aveva dato precise disposizioni: che fosse persona colta, con un buono stipendio da devolvergli.
Si nota anche una sfera armillare in bronzo, la cui iscrizione del nome del vento di sud ovest, non reca “libeccio”, ma “garbino”; nel dialetto romagnolo si usa la seconda dicitura.

Osservando con attenzione si possono desumere i criteri di disposizione dei libri: ai tempi non erano per autore, per titolo o per argomento, bensì per dimensione.
Oggigiorno può sembrare strano, forse poco pratico, ma la motivazione era ben precisa.
Il libro, come detto, era un bene costoso ed andava conservato con premura: l’accostare fra loro libri che si differenziano rimarchevolmente per dimensioni, avrebbe lasciato esposti troppi centimetri alla polvere e ai parassiti. Ancora oggi, allo scopo di preservare tali artefatti, si sta continuando a mantenere questa prassi.

libri antichi della collezione Alessandro Gambalunga

Dietro ad una porta d’angolo vi erano i libri proibiti.
Oggi sono chiusi in una speciale scansia, oltre delle grate; si tratta di libri che era consentito consultare solamente previa autorizzazione pontificia.
Ma non è quella la porta che ci ha destato grattacapi.

La porta segreta alla biblioteca Gambalunga

Le sale hanno un che di sacrale.
L’illuminazione soffusa, il profumo di antico, il silenzio…
Proprio quella quiete così immersiva, porta a riflettere su quanto ciò si contrapponga agli usi dell’epoca, che sono mutati solo nel corso del tempo.
A Milano si leggeva in silenzio, era una fruizione individuale, affine alla modalità odierna (sebbene ora stia migrando su schermi digitali); ma in antichità la conoscenza proveniva dalla tradizione orale, la lettura era di gruppo: una sorta di omelia in cui un testo veniva letto da una persona ed ascoltato da altre, che magari non erano in grado di leggere.

L’ultima delle sale antiche, quella più in fondo, nasconde un segreto.
Nell’angolo più lontano, mimetizzata tra i libri, vi è una porticina segreta. Non è facile da individuare, i finti libri in rilievo sono pregevolmente (ed astutamente) realizzati.

sale antiche della Biblioteca Gambalunga di Rimini
la porta segreta …

Perché una porta segreta? Cosa nascondeva?
Gambalunga ebbe tre mogli, tutte e tre morte, e tutte gli hanno lasciato cospicue somme in dote.
…Forse quella ingegnosa porticina ha avuto un ruolo particolare nella loro scomparsa?

Visto il contesto letterario, si romanza un pochino su questa bizzarra caratteristica lasciando scorrere la fantasia, non ce ne voglia dunque il mecenate riminese.

Quella porta segreta dava accesso ad una scala a chiocciola che collegava tutti i piani.
Fungeva, in realtà, da porta di servizio ad utilizzo del personale, che perciò non girava attraverso i saloni, ma compariva dal nulla, passando di lì.

E voi, se aveste in casa un barbatrucco del genere… come lo usereste?


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