Australia day, quando tutto ebbe inizio

Le Hyde Park Barracks di Sydney rappresentano un luogo imperdibile per comprendere le origini della società Australiana e del suo passato di colonia penale. Ne consigliamo assolutamente la visita; per certi versi ci ha ricordato quella all’Aapravasi Ghat, a Port Louis (Mauritius), legata all’approdo dei primi schiavi sull’isola. Triste però che, in quell’occasione, alcuni del posto nemmeno sapessero cosa fosse.
Di fronte alle Barracks, perfettamente allineata all’altro lato della strada, c’è la st.James church, costruita 2 secoli fa proprio dai deportati; e a pochissima distanza sulla sinistra, c’è Hyde park, uno splendido parco molto ben curato, con alcuni monumenti al suo interno.

nel museo Hyde Barracks di Sydney si ripercorre la storia austrliana

Se sostate all’ombra, in quella sorta di “mini-triangolo” formato per l’appunto dalle barracks, la chiesa e il parco, vi capiterà forse di veder transitare dei ragazzi che recano scritto “i’m free” sulla maglietta, seguiti da una dozzina di persone, tipo pifferaio magico. Non pensate male… si tratta di guide gratuite che si prestano a farvi fare una camminata per la città raccontandovene i segreti.

Ragazzi preparatissimi, entusiasti e pure con una certa capacità di intrattenimento al punto da farmi pensare che abbiano studiato rudimenti di teatro.
Ognuno ha il suo stile. Ci trovi quello più soft, che indicandoti la Sydney Tower da lì visibile, soprannominata “golden bucket” per via dell’aspetto, ti consiglia dritte di vario tipo per godertela senza spendere troppo, raccontandoti an passant alcune peculiarità di quell’area.
E ci trovi anche quello che tra una risata e l’altra, riesce in maniera ficcante a portarti a fare riflessioni profonde su diversi aspetti.

Australia Day, culture a confronto

Per noi Europei non è immediato da capire. Abbiamo una storia che inizia da molto indietro nel tempo, che ha visto susseguirsi varie epoche e periodi, e che è derivata da popoli che hanno condiviso gioie e dolori nel vecchio continente: che fossero i Romani, i Vichinghi o i Celti, poco cambia dal punto di vista della “legittimità” territoriale.

Per un Australiano con poco passato alle spalle invece, a quanto pare è ancora un argomento non tanto agevole, e forse un tantino imbarazzante. I primi coloni arrivarono, ignorando le primitive tribù del posto, e come sempre avviene nelle prime fasi di convivenza vigeva il classico: noi (stando qua) non diamo fastidio a voi, e voi (stando là) non date fastidio a noi. Ma col passare del tempo, in qualsivoglia coesistenza forzata insorgono attriti, e senza risoluzioni si arriva inevitabilmente allo scontro; le parole che quel ragazzo ha usato sono state: “Noi, facendo la guerra, dicevamo che combattevamo per l’Australia. Loro, facendo la guerra, dicevano che combattevano per la loro terra“.

“Invasion day”

Tuttavia non fu la guerra la causa principale della decimazione di queste popolazioni; infatti il 90% delle perdite fu dovuta a contagio di malattie importate dai coloni inglesi. Varicella, vaiolo, influenza, malattie veneree e morbillo, furono letali contro le difese immunitarie aborigene.
È un continente molto vasto, il cui isolamento gli ha permesso di rimanere protetto da patologie diffuse altrove. Non a caso ad oggi ci sono controlli agrari molto serrati sin già dall’arrivo in aeroporto (ad esempio controllano se stai introducendo carni, frutta, semi, eccetera… , addirittura attrezzi da campeggio, o scarponi che potrebbero avere ancora terra attaccata). Questo per evitare che si diffondano funghi, afte, e batteri esogeni contaminanti, che distruggerebbero i raccolti e i fragili equilibri naturali, mettendo anche a rischio un ecosistema in cui vivono specie di animali che non si trovano altrove.

L’espandersi degli insediamenti sottraeva sempre più terra, risorse e possibilità di sostentamento alle popolazioni autoctone, tant’è che fu proprio questa, la seconda causa principale della loro decimazione. Ri-citando la guida: “Adesso abbiamo tutto quello che ci serve, ma immaginate che all’improvviso arrivino degli alieni e inizino a ridurre la disponibilità di ciò che ci serve per produrre cibo, per approvvigionarci di acqua, e per provvedere al nostro sostentamento…”, per un attimo, inevitabilmente il mio pensiero è andato al dodo e alla sua estinzione.

Una distinzione significativa: quello che in seguito al primo approdo del 26 gennaio 1788 viene comunemente celebrato come “Australia day”, da loro è denominato “Invasion day”.

Gli aborigeni

L’Australia è un Paese fra i migliori al mondo in quanto a standard di vita, ma non per gli aborigeni, che hanno 10 anni in meno di aspettativa di vita media, e che nella maggior parte dei casi vive ai margini. Sin dagli albori infatti, cosa ci capivano di politica, economia e leggi? Non riuscirono mai ad inserirsi, e non ci stanno riuscendo nemmeno oggi.
Mi piange il cuore vedere frammenti di mondo che svaniscono: per quanto si posseggano conoscenze, tecnologie e un sistema sociale piuttosto sviluppato, non è detto che questi siano compatibili con usi, costumi, credenze, abitudini, stili di vita ma soprattutto, con la volontà altrui. Molti di loro, scommetto, sarebbero felici di poter vivere nella terra dei loro antenati, secondo lo stile dei loro antenati, senza sovrastrutture sviluppate in secoli di evoluzione.

I sensi di colpa perciò, persistono tuttora anche in una parte della generazione contemporanea Australiana, che probabilmente è consapevole della splendida realtà costruita dal nulla dai propri predecessori (e priva di alcuni problemi che vessano altre società), ma che per quanto rigogliosa non ha giovato anche a chi quel luogo lo abitava già da migliaia di anni.
È un po’ come amministrare molto bene qualcosa, centuplicandone il valore, che però… scava scava, scopri non ti era stato affidato, ma era stato espropriato!

Ambasciata aborigena

All’interno del parlamento a Canberra ci sono alcune esibizioni aborigene, con i testi delle scuse ufficiali a loro rivolte, ed iniziative volte al dialogo; pare si cerchi di incoraggiarne la rappresentanza e di mostrare l’intenzione nel voler ascoltare istanze tribali.
Rimane tollerata anche una sorta di “ambasciata” aborigena abusiva sul prato di fronte al vecchio parlamento (insediata proprio in occasione dell’Australia day 1972), in cui ribadiscono la sovranità sulla propria terra. Un cartellone tra quelli esposti, che ci ha particolarmente colpito, mette in chiaro: “non vogliamo veder ‘riconosciuta’ la nostra sovranità; non è mai stata ceduta!“.

In mia opinione si tratta di diatribe fin troppo radicate affinché possano avere risoluzione nel breve termine, se mai ne avranno una. Basti considerare che oltreoceano, gli Americani, dal percorso sotto vari aspetti affine, ancora oggi stanno facendo i conti con questioni delicate legate agli indiani nativi, e con continui conflitti fra minoranze creatisi nella società post-coloniale… e loro stanno affrontando questi problemi (irrisolti) persino con secoli d’anticipo rispetto agli Australiani.

Australia Day o Invasion Day per gli aborigeni australiani


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14 risposte

  1. Roberta ha detto:

    Avete fatto benissimo a scrivere di questo argomento… Sto leggendo molti libri e tutti parlano di contagi e di razzismo e di aspettative di vita molto inferiori per gli aborigeni di adesso (pare che fino a qualche anno fa superassero i 100 anni di età!). So che l’altro giorno era l’Australian Day. Onestamente, mi chiedo cosa ci sia da festeggiare, non perché gli australiani di adesso debbano avere sensi di colpa ma per una minima coerenza…

    • Lemurinviaggio ha detto:

      Si tratta di un argomento per loro un po’ delicato, e per gli altri difficile da trattare.
      Sia che venga ignorato , o che venga preso in considerazione, questo è comunque stato inevitabilmente ereditato dalle generazioni successive e rimane radicato anche nella contemporaneità Australiana.

  2. Lara Chiari ha detto:

    Complimenti, il vostro articolo è davvero molto interessante. Si parla poco – qui da ‘noi’ -di questo argomento che per l’Australia e i suoi cittadini è invece ancora un tema caldo. Durante il mio viaggio in Australia ho percepito due diversi atteggiamenti nei confronti dell’eredità lasciata dalla cultura aborigina. In alcune città del NSW la sensazione che ho avuto è che la cultura aborigena fosse trattata come un reperto archeologico (alla stregua di come noi trattiamo i reperti etruschi) e ‘sfruttata’ dal punto di vista turistico. In alcune zone del Queensland invece ho percepito un maggiore rispetto verso questa cultura. Voi ci avete fatto caso? O è stata solo una mia sensazione?

    • Lemurinviaggio ha detto:

      Grazie Lara! Effettivamente dal punto di vista etno-turistico ci è sembrato che degli aborigeni ne andassero fieri, esaltandone certi aspetti della loro cultura. Però forse scavando al di sotto della facciata di buona convivenza e badando ai fatti, non sembra che questa abbia di fatto raggiunto (comprensibilmente , e prevedibilmente) tutto questo successone. Questo in riferimento al NSW , con beneficio del dubbio che in aree più incontaminate e legate più a tradizioni tribali la situazione sia differente. È proprio uno dei tanti motivi per cui vorremmo tornare in Australia per visitare anche altre aree, ad esempio lo stesso Queensland in cui per ora non siamo ancora stati.

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