Arrugginisci in pace
In un angolino d’Islanda, per la precisione in uno di quelli a nord-ovest, c’è una montagna che non potrete fare a meno di notare, passandole di fianco: una montagna di ruggine.
Si tratta dell’imbarcazione in ferro più antica del Paese, che come facilmente intuibile, non è più in attività, e nel corso degli anni ha subito qualche mutazione.
Normalmente, una barca spiaggiata non è il classico landmark che ci si aspetterebbe di vedere fuori dal finestrino; ma se vi state dirigendo a Latrabjarg, la scogliera all’estremo più occidentale dell’isola, lungo la strada quel relitto vi si paleserà fuori dal nulla.

Le vite del Gardar
Il Garðar fu costruito in Norvegia nel 1912 (lo stesso anno in cui affondò il Titanic), con il nome di Norrøna I. Era una sorta di ibrido dotato sia di vele che di motore a vapore. Inizialmente era inteso come baleniera, ma quando poi entrarono in vigore restrizioni in tale ambito, venne adibito ad una più modesta pesca di aringhe.
Nel 1926 cambiò nome in Globus IV. Nel 1936 venne venduto nelle isole Far Oer (con nome Falkur).
Dopo la seconda guerra mondiale passò a nuova vita. Fu rivenduto all’Islanda, iniziò a montare un motore diesel, ne sostituirono e modificarono buona parte delle sue componenti, e lo convertirono in peschereccio. Cambiando varie proprietà prese il nome di Siglunes, poi di Sigurdur Petur, quindi di Hringsja, fino ad arrivare ad avere quello attuale nel 1963, che in antica lingua norrena significa “roccaforte”.
Cambiare nome ad una barca
Nella superstizione marinara, cambiare nome a una barca, non è cosa presa tanto alla leggera. Esisterebbero cerimoniali ben precisi per farlo in modo che non porti sventure.
Si crede infatti che ogni barca abbia una propria anima, e che il nome che la “incarna” sia incluso in un libro tenuto dagli Dei del mare. Cambiare nome senza comunicarlo rappresenterebbe un affronto che ne potrebbe potenzialmente provocare l’ira, sotto forma di furia degli elementi.
Un modo per render nota la propria cancellazione dal registro sarebbe quello di far tagliare almeno tre volte la scia della propria barca, da un’imbarcazione amica.
Secondo invece un rituale più classico, dopo aver cancellato il vecchio nome ovunque esso compaia sulla barca, ci sono proclami da fare agli Dei del mare e a quelli del vento, affinchè risulti “formalmente” depennato.
Per l’attribuzione del nuovo nome, a corredo degli stessi proclami ad ognuna delle Divinità, per non scontentarne nessuna, si inaugura il natante con una qualche offerta simbolica, tradizionalmente una bottiglia di champagne, spruzzandolo in direzione dei quattro venti, o battezzandone lo scafo (ognuno fa un po’ a modo suo). Dopodichè si salpa all’indietro.
Tutto ciò a prescindere dalle scaramanzie personali per cui a bordo si portebbero o NON si porterebbero oggetti specifici. Ad esempio, per qualcuno: avere santini, oggetti benedetti, sì. Invece per altri: banane, ombrelli, o il colore verde, sarebbero poco graditi.
Probabilmente a livello burocratico-fiscale il cambio nome è più semplice …
La scampata fine
Il primo di dicembre del 1981 giunse definitivamente anche per lui, il destino che ineluttabile attende le imbarcazioni oramai considerate alla stregua di relitti galleggianti, ovvero la dismissione.
Tuttavia, sebbene all’epoca le barche obsolete venissero affondate in alto mare, il Gardar venne intenzionalmente arenato nel Patreksfjörður.
Coincidentalmente, anche la compagnia Akers mekaniske Verksted, che lo aveva costruito, (in attività dal 1841), terminò la propria attività, nel 1982, l’anno dopo.
Il suo ultimo proprietario, Jón Magnússon, ne è ancora affezionato, tant’è che il 31 maggio 2012 ha organizzato una festa per celebrarne il centenario.
La barca è fortemente corrosa, e nei suoi angusti spazi interni, popolati da ragnatele, presenta spuntoni arrugginiti e passaggi cedevoli, al buio molto pericolosi, pertanto sconsigliamo altamente di provare ad entrare.
Comunque quel relitto, una via di mezzo fra un pesce fuor d’acqua e uno spaccato di storia marinara, si presta a suggestive foto, come un monumento.
L’intenzione infatti fu proprio quella di lasciare il Gardar dove si trova, cosicché, rappresentando una sorta di barca-museo, potesse tener vivo il ricordo della tradizione pescatrice del passato.
Rimane piantato lì , che ci sia burrasca o sole , neve , ghiaccio o vento , alta o bassa marea, adempiendo alla sua nuova funzione: quella di ricordo.
Se passate da quelle parti a fargli un saluto, domandategli se si ricorda dei lemurinviaggio 😉
-rUst in peace-
I relitti hanno quel “non so che” di affascinante ma da brava fifona, mi spaventano anche un po’. Infatti credo di seguire il vostro consiglio, eviterò d’entrare anche con il bel tempo XD
In fondo l’Islanda è talmente ricca di meraviglie *-*
Si presta a tanti begli scatti da fuori. L’Islanda è ricchissima di meraviglie , soprattutto che non richiedono l’antitetanica! 😀
Anche io l’ho visto, ma purtroppo non sono riuscita a fermarmi per osservarlo più da vicino. Maremma che peccatooooo
Beh lui è ancora lì ! 😀 Magari ti aspetta per la prossima volta in cui tornerai 😉
Quando sono andata in Islanda ho visto altri relitti ma non questo perché non ho visitato quella zona. Sai che mi mettono un po’ di tristezza vedere queste imbarcazioni ormai ridotte a ruggine.
Al primo impatto nel vederli vecchi e logori potrebbero mettere tristezza , ma a differenza dei “colleghi” questo lo han promosso a monumento. Tra l’altro abbiamo notato in scatti recenti, che devono aver pensato ad un piccolo restauro , dandogli una mano di vernice nuova. 🙂
Molto suggestivo questo relitto, l’Islanda è nella mia wishlist, se riuscirò ad andarci a breve passerò sicuramente di là! 🙂
L’Islanda per noi è passata dalla wishlist alla lista dei posti in cui ritornare. 😀
E niente, voi Lemuri riuscite sempre a trovare dei luoghi e meraviglie particolari in giro per il mondo! 😉 E questa Islanda ne nasconde davvero parecchie: dobbiamo assolutamente andarci ✌🏻
Grazie!! È uno fra i fattori principali che ci spinge a viaggiare e scoprire… e un posto magico come l’Islanda per noi è proprio perfetto!